Bufo-Bufo. Un romanzo “giallo” con sorpresa finale!

 

Il romanzo bufo-bufo è scaricabile solo per la lettura personale

 

 

 Angomer Innaig

(Don Gianni Remogna)

 


rospo in galleggiamento

 

 

Bufo-Bufo

 

Primo Anno

 

Cap. 1 (2)

1

Aprile. Martedì. Ore 10 e 53 minuti.

Europa, Italia, Piemonte, Provincia di Vercelli, Comune di Varallo Sesia, Frazione Roccapietra, lago nascosto tra i monti chiamato “Lago di Sant’Agostino”, detto anche “Lago dei Rospi” e “Lago delle Streghe.”

Le montagne sono ricche di alberi di alto fusto di varie specie, è presente anche una vegetazione composta di arbusti, cespugli e, nelle zone più umide, ceppi di erbe alte più di due metri…

Lo spettacolo del lago incavato tra i monti è meraviglioso tanto da mozzare il fiato. Da una parte il fitto del bosco, dall’altra una grande pietraia. Il lago, pur se poco profondo, è ricco di pesci come carpe, persici sole, cavedani e lunghe sanguisughe. Al lato est vi è una zona paludosa che fa pensare a sabbie mobili, dove si ammirano migliaia di ninfee che vanno a formare immensi tappeti verdi fioriti di giallo.

La temperatura inizia ad alzarsi, l’umidità è notevole, appena mitigata dal vento del temporale in arrivo.

In una piccola pozza periferica ecco una grossa zanzara che, per evitare un gocciolone di pioggia del nuovo acquazzone, si avvicina ad una rana nascosta da una foglia, la quale non si fa scrupolo di balzare e mangiarsela al volo!

La rana, un po’ distratta dalla fame, non si era accorta della presenza di un airone perfettamente immobile che rompe la sua staticità e, con il suo lungo becco, la ingoia in un istante!

Nel fare il suo movimento per afferrare la rana, l’airone sposta la zampa destra muovendo il fango dello stagno e spaventando una lunga sanguisuga che se ne stava appisolata.

Ancora assonnata la sanguisuga va verso il centro della pozza dove staziona una piccola carpa. Il succhiasangue non perde l’occasione per attaccarsi al pesce che scappa con lo sgradito ospite addosso. Nella frenesia di scollarsela, la carpetta va ad urtare contro un vecchio ramo sommerso dal quale emerge spaventato un rospetto.

Visto il trambusto, l’animale esce dallo stagno e va sul sentiero nel momento in cui arriva Steven Anderson, sperimentatore biochimico neozelandese, attratto dalla fama naturalistica del luogo.

Steven è un uomo di bell’aspetto, alto e dalla corporatura robusta. Il suo viso presenta i tratti tipici di una persona sui trentacinque anni, è incorniciato da una barba appena accennata, il naso è regolare, gli occhi sono di un colore nero molto intenso. I capelli, anch’essi neri e corti, sono coperti da un capellino con la visiera per proteggersi dal sole. Indossa una semplice maglia a maniche corte e dei pantaloni lunghi, ai piedi ha degli scarponcini da trekking. Steven è una persona molto intelligente, è interessato al suo lavoro e svolge al meglio ogni sua ricerca. Nella vita normale è un po’ sbadato con il pensiero che a volte vaga altrove.

Steven è accompagnato da una guida valsesiana, Gigi Cosotti, nativo di Varallo Sesia, 63 anni, magro, scattante, con la carnagione molto chiara, di evidenti origini Walser. La bocca è quasi interamente coperta dalla folta barba bionda con delle striature bianche. Gli occhi sono azzurri, lucidi e quasi trasparenti, i capelli lunghi e biondi raccolti da un codino. Gigi è un pensionato molto curioso che si è fatto da solo una notevole cultura artistica e naturalistica della Valsesia. Ha imparato inglese e francese lavorando all’estero come cuoco.

In quel momento la guida sta illustrando al dottor Anderson, in un inglese un po’ impreciso, la caratteristica fregola dei rospi che si radunano tutti gli anni a migliaia nel laghetto nei giorni che vanno dalla Domenica delle Palme al Venerdì Santo, e del fatto che essi secernono, quando sono sulla difensiva, una sostanza irritante… Alla vista del rospetto e di quanto stava ascoltando, Steven rimane come folgorato. Erano mesi che nel suo laboratorio stava sperimentando delle sostanze organiche per attenuare gli effetti irritanti su alcuni pazienti della zidovudina o BZU, il farmaco antiretrovirale che inibisce lo sviluppo del virus che provoca l’AIDS, allora chiede alla guida se può prendere con sé il rospetto.

Veda lei” risponde la guida un po’ schifata “tanto qui attorno ce ne sono a bizzeffe” e aggiunge “lo vuole portare in Oceania?

Vedremo, questa è una variante molto interessante che in Nuova Zelanda non esiste…”

Con cura Steven prende il piccolo rospo e lo avvolge nel fazzoletto umido che si è premurato di bagnare con l’acqua della pozza.

Terminato il temporale e il giro del lago, dopo aver umidificato altre volte il fazzoletto e l’anfibio, Steven scende a Roccapietra per prendere l’auto. Pagata la guida si dirige verso l’albergo “Monte Rosa” di Varallo Sesia.

lago delle streghe

Lago di Sant’Agostino

Cap. 2 (1)

2

Entrato in stanza Steven riempie il lavandino a metà con l’acqua del rubinetto, ci pone il rospo che, dopo una breve immersione, vi galleggia tranquillo, ed inizia ad osservarlo, in particolare sul collo, con una lente.

“Sei troppo piccolo, non riesco a vederle…” pensa Steven “…mi sa che dovrai fare un lungo viaggio con me. Un viaggio lungo e… segreto!”

Il dottor Anderson sapeva bene che nella sua nazione non è concesso introdurre animali dall’estero. “Ma” riflette “la sperimentazione per il bene dell’umanità non può avere questi limiti…”

Lasciato il rospo nel lavandino, dopo essersi accertato che non riusciva ad arrampicarsi sulla ceramica liscia, Steven alza lo schermo del suo PC portatile e si collega ad Internet.

Il giorno dopo inizia i preparativi per il ritorno a casa. Guardando il rospo nel lavandino pensa: “dove ti posso mettere per non farti intercettare dai controlli negli aeroporti?”

Alla fine lo porta con sé nel bagaglio a mano avvolto in una t-shirt umida all’interno di una borsa di stoffa.

Preso il volo all’aeroporto di Malpensa senza problemi, fatti alcuni scali intermedi, Steven sbarca dopo 27 ore all’aeroporto Internazionale di Auckland con il suo piccolo ospite valsesiano. Superati i controlli di rito, per fortuna non troppo approfonditi, è libero di uscire.

Cap. 3 (0)

3

Sei giorni dopo.

Finite le vacanze, Steven ritorna all’Istituto di Ricerca e Sviluppo della nota Industria Farmaceutica “RogerSmithWillerInternational.” Entra nel laboratorio con una scatoletta di plastica forata contenente il rospo vivo e vegeto che aveva nutrito con qualche mosca e verme, ed ecco che incrocia un collega che ha appena finito il turno di lavoro.

“Il grande Steven! Allora ce l’hai fatta a tornare dall’Italia in tempo utile! Tutto bene, ti sei riposato?

“Ciao Paul! Tutto bene, certo! Non si vede? E qui com’è andata?”

“Senza di te tutto langue… Scherzi a parte, se non ti ho chiamato è perché non ci sono grandi novità e ti volevo lasciare tranquillo.”

Più vecchio di Steven di tre anni Paul Ryan è alto e magro. Il suo viso tondo è puntualmente sbarbato. Ha le labbra di un colore molto chiaro che contrastano con i capelli neri, i suoi occhi sono verde scuro. Indossa spesso delle polo associate a dei jeans alla moda e scarpe da ginnastica.

In laboratorio il suo camice bianco, guanti e mascherina sono sempre immacolati. Molto preciso nel suo lavoro Paul è di carattere estroverso. È sempre pronto a dare consigli utili e ad appoggiare l’amico Steven, anche se non mancano cauti rimproveri.

 

“Paul” Steven lo tira da parte e, un po’ euforico, gli dice “qualche giorno fa in Italia ho avuto un’intuizione: guarda qui!” Lentamente toglie il coperchio dalla scatola e ne mostra il contenuto al collega.

“Una rana? chiede Paul stupito.

“No, è un rospo italiano!

“Un rospo italiano?! Aspetta, ho capito: è collegato agli studi che hai fatto sulla bufotossina che produce il Rospo delle Canne quando si sente minacciato o viene morso… Se non ricordo male però ne è risultata una tossicità estremamente elevata… E quindi?”

“É vero, però una decina di giorni fa ero in una zona del Nord Italia molto umida che si chiama Valsesia: pensa che è proprio dall’altra parte del pianeta! In un’escursione in un posto sperduto tra i monti, dove si radunano migliaia di questi animali per riprodursi, la guida locale mi ha parlato della bufotossina. E sai io cosa ho pensato quando ho visto questo rospo così particolare?

“Che cosa?” Paul è sempre più incuriosito, anche per la concitazione di Steven nel parlare.

“Ho pensato al lavoro che stiamo facendo da mesi sull’allergenicità e sugli effetti irritanti del BZU per cercare di renderlo più tollerabile ai malati. Quando la guida mi ha parlato della sostanza irritante che i rospi producono come autodifesa, ho pensato che il virus dell’AIDS annulla le autodifese naturali dell’uomo.”

“Non capisco. Dove vuoi arrivare?”

“Quel giorno, finita l’escursione, ho cercato invano sulla Rete studi sulla bufotossina. In questi giorni ho approfondito e sai la notizia?”

“E dimmela!”

“A parte il fatto che in Cina alcuni laboratori la stanno sperimentando sul cancro, nessuno, dico nessuno, fino a prova contraria, ha mai studiato veramente a fondo quella sostanza!! Si sa la formula bruta che è C40H60N4O10 e il peso molecolare: 757. Ma, a parte questi dati di base: nulla!”

“Ah… Tutto qui?” dice deluso l’amico.

“Come tutto qui!”

“Ma Steven, ci sono migliaia, anzi milioni di sostanze organiche non ancora ben analizzate..!”

“Ma questa è diversa, è irritante per l’essere umano! E poi dentro di me ho sentito che è la via giusta per…”

“Senti Steven” lo interrompe Paul dolcemente “effettivamente la storia della sperimentazione ci insegna che ci sono state grandi scoperte portate dall’intuizione, e potrebbe essere così anche per te. Ne parleremo. E poi devi convincere il capo a finanziarti la ricerca sulla sostanza… Scusa, ma ora c’è Martha che mi aspetta per andare a scegliere le tinte del nuovo appartamento. A proposito di donne, ho visto Kate. Ultimamente era un pochino agitata…”

Steven da euforico diventa preoccupato “forse perché non ho risposto a tutti gli sms, le chiamate e le mail che mi ha spedito. Che stress… Però le avevo detto che volevo stare un po’ in pace… E poi è partita per gli States e non si è fatta sentire… Non riesco più a capirla…”

Paul, andandosene “penso sia meglio che vi parliate con calma quando torna. Ciao. A domani.”

Cap. 4 (2)

5

Maggio.

Steven con la fidanzata Kate sono nel nuovo appartamento di Paul e della moglie Martha nella zona residenziale di Mangere, a pochi isolati dall’abitazione di Steven. Martha sta portando in tavola un’insalatiera.

Magra e di media altezza, Martha ha un viso pulito e roseo. È una ragazza solare, allegra e sorridente con occhi verdi, grandi e accesi. Porta lunghi capelli rossi ricci che le cadono sulle spalle. Va molto d’accordo con Paul e cerca sempre di dare una mano e dei consigli utili alle persone in difficoltà. È molto paziente e disponibile.

Kate è una donna affascinante, alta e magra. La pelle del suo viso è truccata da un pesante strato di fondotinta che la rende più scura. Sulle labbra carnose ha sempre un rossetto di un rosso molto acceso. I suoi grandi occhi di colore nero non lasciano trapassare alcuna emozione. Porta un taglio a caschetto per i suoi capelli castani. È sempre vestita in modo elegante e seducente.

Kate ha uno sguardo scontento e imbronciato. Steven è chiaramente a disagio mentre Paul e Martha tentano di alleviare la situazione imbarazzante.

“Allora Steven, come va con il tuo rospo italiano?” inizia Paul.

“Sempre a parlare di lavoro…” borbotta Kate.

“Ma no” interviene Martha “questa è una storia speciale!”

“Dici così perché anche tu lavori nel laboratorio! Siete tutti alleati!”

“Non dire così” Steven si spazientisce “è vero che siamo colleghi ma…”

“Ma? Ma che cosa! Loro non lo so, ma tu hai sempre la testa nei tuoi esperimenti anche quando dormi… E poi mi trascuri continuamente! È come se io per te non esistessi! Forse perché ho il difetto di fare l’impiegata e lavorare al computer tutto il giorno!”

Steven, guardando le pareti, tenta di cambiare discorso “Martha, avete scelto dei bei colori per l’alloggio, molto rilassanti” ma viene interrotto da Kate sempre più agitata “e poi sempre con quel rospo! Se lo porta dappertutto! Preferisci il rospo a me! Vero?!” Steven si contiene e non risponde.

“Non dice niente perché è così!” La ragazza è fra l’ira e le lacrime parlando con se stessa “ma che me ne faccio di un uomo che preferisce i rospi alle…” Steven alza la voce e interviene deciso “Kate, lo sai che non è così! Mi stai facendo passare la fame!”

Lei alzandosi di scatto “se è per questo a me la fame è passata da più di un mese!! Scusa Martha ma non ne posso più! Preferisco andare. Mi accompagni?! Non dire niente!”

Martha appoggia la pentola sul tavolo e accompagna Kate all’ingresso. Varcano la soglia e, dopo aver chiuso la porta, le dice “ma Kate, cosa ti è preso? Lo sai che Steven è un bravo ragazzo. OK, forse pensa troppo al lavoro… Però è una persona onesta di cui ci si può fidare. Pensa che ci voleva annunciare che ha ottenuto il permesso e il finanziamento per studiare la bufotossina del rospo italiano. Ma io lo sapevo già…”

“Ancora il rospo?! Anche tu non hai capito niente!” e Kate se ne va piangendo lasciando Martha allibita.

Mentre Martha rientra Paul sta dicendo “che caratterino…” ma Steven rincara la dose “caratterino? É isterica! Maledetto il giorno in cui l’ho conosciuta a quella festa! Vorrebbe essere il mio pensiero unico! Ma nella vita non c’è solo lei!” Interviene Martha “Steven: Kate è solo una donna normale alla ricerca di un uomo normale…”

“Allora sono io che non sono normale!?”

Paul annuisce dicendo “tu sei un ricercatore appassionato! Come noi! Dunque non sei un uomo normale!”

Steven rabbuiato “ho capito. O trovo una ricercatrice appassionata come me o basta donne…”

Martha e Paul non commentano.

Cap. 5 (1)

7

Novembre.

Pizzeria “Pasqualino’s” sulla Tamaki Drive. Steven sta parlando. Paul ha già terminato la sua pizza e sta bevendo un bicchiere di birra, Steven ha appena iniziato la sua e la lattina di coca-cola è ancora chiusa.

“Te l’avevo detto che qualcosa c’era, l’intuito si è fatto sentire! E non invano!” Steven parla quasi trafelato “…e va ben oltre le aspettative!!”

“Calma!” l’amico si sforza di stare tranquillo “mi stai dicendo che la bufotossina del rospo italiano idrossilata è in grado di inibire definitivamente il virus? Ma scusa, noi stiamo cercando di limitare gli effetti allergici e irritanti dell’antiretrovirale. E poi come puoi essere sicuro che il virus non si riattivi? Non è stato ancora testato sui malati!”

“Beh, non posso essere sicuro al cento per cento… Io ipotizzo che la bufotossina idrossilata ROH si leghi a un sito molto specifico del virus facendo entrare acqua al suo interno e, di fatto, inibendo la sua capacità di replicazione. Tutte le prove che ho fatto in laboratorio sulle cavie dimostrano questa tesi! Pensa che, al giusto dosaggio, non hanno nemmeno avuto effetti collaterali! Però dovremo fare test con altri laboratori per avere delle conferme. E poi, soprattutto, sui malati!”

Paul serio e pensieroso “se fosse confermata, sarebbe davvero la scoperta del secolo…”

Secondo Anno

Cap. 6 (0)

11

Giugno.

Sala di attesa dell’ufficio del dottor John Schenzen, responsabile dell’Istituto di Ricerca dell’Industria Farmaceutica “RogerSmithWillerInternational.”

John Schenzen è un uomo sulla cinquantina, basso e tozzo. Il suo viso non presenta alcun tratto di barba, le labbra sono esageratamente fini e di un colore rosa chiaro. Ha occhi di color marrone circondati da numerose occhiaie con sopracciglia folte e bianche che si inarcano continuamente ogni volta che intraprende un discorso. A questi movimenti sono sempre associate delle motivazioni. I capelli sono brizzolati. Sovente indossa camicia, giacca e pantaloni eleganti a cui abbina ogni giorno una cravatta diversa. Ai piedi porta sempre delle scarpe di pelle nera o marrone. Di carattere forte e deciso tende a mettere in soggezione i suoi interlocutori.

Paul e Steven stanno parlando tra loro a bassa voce.

Paul “certo che sarà un bel terremoto…

In che senso?” chiede Steven un po’ estraniato.

In tutti…

Si apre un porta, esce la segretaria del dottor John Schenzen che li introduce nell’ufficio. Dopo i saluti di rito Schenzen si rivolge direttamente a Steven “mi dica dottor Anderson.”

Ho chiesto questo colloquio per una scoperta molto importante” Steven è piuttosto teso e le parole gli escono a fatica “ho anche voluto la presenza del mio collega e amico, dottor Paul Ryan, che negli ultimi mesi ha seguito questo percorso per annunciare, dopo molte verifiche, di aver testato una molecola di origine animale che, trattata in un determinato modo, cioè idrossilandola, a mio avviso, inibisce definitivamente nel corpo umano il virus HIV.”

“Ha detto definitivamente?” interviene il dottor Schenzen.

“Penso di poter affermare” Steven ha un’aria molto sicura “che ciò che ho detto sia fondato.”

“E lei che ne pensa dottor Ryan?”

“Dottor Schenzen, il collega Anderson mi ha messo al corrente fin dall’inizio delle sue sperimentazioni sulla molecola di cui stiamo parlando e, pur non avendo il grado di sicurezza dell’amico Steven, penso che sia bene cominciare a testare la molecola anche su soggetti umani.”

“Molto interessante” dice il dottor Schenzen “una scoperta del genere rivoluzionerebbe l’approccio terapeutico alla malattia ma, prima di lanciarci in facili e ancora imprudenti supposizioni, sarebbe bene valutare a fondo i suoi protocolli dottor Anderson. Me li consegni al più presto e poi programmeremo un nuovo colloquio.”

Dopo i saluti il dottor Schenzen preme un interruttore. Dopo pochi secondi entra la segretaria che li accompagna fuori.

Cap. 7 (2)

13

Schenzen alza il telefono per contattare il General Manager della “RogerSmithWillerInternational.”

Mister Walker è un uomo sulla sessantina alto e abbastanza magro. Il suo viso dai tratti autoritari è ampio e puntinato da una barba bianca tenuta sempre corta. Gli occhi a mandorla sono di colore marrone scuro, le sopracciglia, molto folte, di colore bianco. I capelli sono corti e grigi. L’abbigliamento è quello classico di un uomo d’affari, il tipico giacca e cravatta. Di carattere estroverso, é molto determinato con criteri di operatività che segue attentamente. Pur aperto rispetto a idee di produzione di nuovi farmaci, vigila che siano soprattutto di profitto all’industria, essendo il primo responsabile dell’andamento economico.

“Che ne pensa di ciò che ha udito Mister Walker?”

“Mah… Lei capisce dottor Schenzen… Nella posizione di General Manager della “RogerSmithWillerInternational” ho il dovere di garantire la stabilità della nostra azienda che, agli occhi del mondo, è benemerita per la produzione del BZU il quale allunga la vita di persone che, altrimenti, andrebbero incontro ad atroci sofferenze e ad un drammatico accorciamento della loro esistenza, come accadeva solo qualche anno fa…”

“Queste cose le sappiamo bene…” pensa Schenzen aggrottando le sopraciglia.

“Allora mi sento di affermare con decisione, pur essendo orgoglioso della passione e dei risultati degli studi dei nostri sperimentatori, che ritengo sia doveroso continuare sulla strada di un maggiore sviluppo del BZU in modo che tutti i malati di AIDS possano trarre giovamento e vita dal nostro farmaco senza più subirne i pesanti effetti collaterali.”

“Mister Walker” lo interrompe Schenzen “se la nuova molecola fosse veramente efficace, il brevetto del farmaco sarebbe comunque della “RogerSmithWillerInternational.”

“Schenzen, sono anni che valutiamo questa evenienza… I calcoli li abbiamo già fatti… Inoltre, per la ricerca, ogni anno investiamo già sette miliardi di dollari che devono rientrare… Ma, mi dica: che curriculum hanno questi due ricercatori? Sono validi o di nicchia?”

“A dire la verità li conoscevo solo superficialmente. Abbiamo quasi duemila dipendenti… Mi sono informato su di loro dal direttore del loro laboratorio. Mah… Direi niente di speciale. Anche il Direttore del Personale me li ha descritti come due dipendenti senza particolari caratteristiche…”

“Mi tolga una curiosità: perché si era già informato su Anderson e Ryan prima di questo colloquio?” chiede Walker incuriosito.

“Per lo stesso motivo per cui ho chiesto a lei di essere in collegamento audio. Da mesi nei laboratori serpeggia la voce della ricerca di Anderson… E poi, su sua richiesta, ho autorizzato lo studio su una molecola di origine animale.”

“Ho capito. Come procediamo dottor Schenzen?”

“Me lo dica lei.”

“Mi riservo di sentire prima Mister Wilson. Come lei sa le questioni importanti vanno riferite a lui.”

Cap. 8 (1)

17

Steven e Paul in auto.

Steven euforico: “Secondo te com’è andata?? Ci finanzieranno i test della molecola anche sui malati??”

“Penso che sia un problema economico. Bisognerebbe calcolare…”

“Calcolare? Calcolare cosa?”

“Come cosa? Svegliati Steven. Alla “RogerSmithWillerInternational” renderà di più il BZU o il nuovo farmaco, se mai ci sarà? This is the question!”

Ma che dici Paul? Se c’è la cura definitiva per l’AIDS, che importano gli antiretrovirali e le terapie di contenimento della malattia? In pratica i malati guarirebbero!”

Paul è dubbioso “te lo ripeto: bisognerebbe fare qualche calcolo. Comunque il BZU devi somministrarlo al contagiato per tutta la vita… Se per il nuovo farmaco è sufficiente un solo ciclo la cosa è ben diversa, anche se lo fai pagare caro. A chi l’hai detto?”

“Perché mi chiedi questo?” Steven è sorpreso.

“Steven, quando ci sono in gioco tanti, tantissimi soldi, bisogna essere prudenti!”

“Per ora non ho detto nulla a nessuno… Qualcosa sa la mia assistente Norma. Ma sai che tipo è…”

“Norma è un animale da laboratorio… Come te, anche se non è il tuo tipo” ridacchia Paul “però accertati che se ne stia muta come un pesce. Anzi, come il tuo rospo italiano!”

“Paul, il mio Bufo, ha cominciato a emettere suoni! Dopo mesi che conviviamo sotto lo stesso tetto mi sta facendo sentire la sua vocina…”

“Vocina?”

“Ma si, sembra quasi di sentire un pulcino…”

“E che cosa ti dice? E poi com’è che l’hai chiamato così?” continua a ridacchiare l’amico.

“Questo è un segreto tra di noi..! Comunque il nome è quello scientifico: Bufo-Bufo è il nome del rospo comune.”

Cap. 9 (0)

19

Il giorno dopo.

Steven e Norma stanno parlando in laboratorio davanti alle attrezzature per la sperimentazione.

Sulla trentina, piuttosto bassa e magra, Norma è la prima assistente di Steven. Il suo viso ha un colorito pallido, le labbra rosa acceso. Il naso è fine, al contrario degli occhi grandi e azzurri che brillano ogni volta che Steven le rivolge la parola. Norma porta sempre dei grandi occhiali con lenti spesse per proteggersi da eventuali sostanze e reazioni chimiche durante gli esperimenti. I capelli chiari e corti sono raccolti da un fermaglio posto sotto la cuffia da laboratorio. Molto timida e insicura, la ragazza non riesce a esprimere al meglio le proprie idee, limitandosi a svolgere il proprio lavoro con passione attraverso le indicazioni che le vengono date dal dottor Anderson.

“Ma, scusi, Norma” Steven è sorpreso “mi sta dicendo che lei ha parlato liberamente dei nostri studi sulla molecola?? E per di più con vari colleghi??”

Norma è turbata “perché dottore? C’era forse da mantenere un segreto? Ho fatto un guaio?” ormai al limite delle lacrime “ma lei non mi aveva detto niente…”

“OK Norma, stia tranquilla, non si preoccupi, niente di grave… Continui pure il suo lavoro.”

“Adesso non dirà più niente a nessuno” pensa Steven “Paul è esagerato… Ma a chi può interessare lo studio sperimentale su una molecola animale…”

Cap. 10 (2)

23

Fine di Luglio. Auckland. Cimitero di Purewa.

Una decina di persone tra cui Steven e Paul stanno davanti ad una fossa con dentro una bara. Il Pastore se ne sta andando dopo il rito funebre.

“Coraggio Steven” gli dice l’amico con cordoglio “Rita è stata una brava mamma…”

Steven trattiene a fatica i singhiozzi “si… Mi diceva sempre che era fiera di me… Aveva solo me… Il papà se n’è andato cinque anni fa… Ma perché così in fretta..?”

“Purtroppo alla natura non si comanda Steven, e noi lo sappiamo bene, quella ischemia non era davvero prevedibile…”

“Adesso sono proprio solo… Mia madre era figlia unica… La sorella di mio padre è in Inghilterra ed è malata… I miei due cugini non li vedo da decenni e non sono nemmeno venuti al funerale… E non c’è nemmeno Kate…”

“Lo sai che con lei è finita…”

“Si, però…” e Steven non contiene più il pianto.

“Ti siamo rimasti io e Martha” gli sussurra Paul mettendogli un braccio sulle spalle. Poi rivolgendosi alla moglie “penso che dobbiamo rimandare la partenza di dopo domani per le vacanze.”

“No, andate pure, apprezzo già moltissimo ciò che fate per me. Devo farcela da solo…”

Cap. 11 (1)

29

Il giorno dopo. È sera tardi.

Dopo aver abbassato lo schermo del PC portatile, Steven va in camera da letto. Il dolore per la morte della madre è fortissimo. Bufo, che nei mesi è molto cresciuto, sta nella sua vaschetta sul mobile. Steven si spoglia lentamente, indossa il pigiama e quasi subito inizia a dormire. E a sognare…

Si vede dall’alto al centro di un grandissimo prato verde… É così esteso che non se ne vede la fine da nessuna parte… Due persone per mano, un uomo e una donna, gli stanno venendo incontro da molto lontano… Lui vorrebbe vedere chi sono ma si sente arretrare… C’è una forza che lo tira indietro… Cerca di stare fermo, di tenere le gambe salde a terra ma non ce la fa… E arretra… Arretra… Ad un certo punto vede vicino a sé una grande provetta da laboratorio piantata a terra e vi si aggrappa con tutte le sue forze… Allora le due persone lentamente si avvicinano…. Finché Steven le riconosce… “Mamma, papà allora siete ancora vivi!? Ma… Dove siamo!?” I due sorridono e non rispondono… La mamma alza un braccio ed indica l’interno della provetta… Steven con un grande sforzo muove il collo, guarda il contenuto e vede che c’è dentro Bufo… La forza si fa sempre più irresistibile… Quando Steven sta per essere strappato via dalla provetta il rospo gli dice: “Portami a casa! Presto!” Steven pensa: “Bufo: allora tu parli! Ti posso capire!” Ma la provetta inizia a sprofondare… Con uno sforzo immane Steven vince la forza che lo trascina indietro e si sporge sul buco dove è affondata la provetta… È una voragine profondissima… In fondo al buco vede un pezzo di cielo molto azzurro…

A quel punto Steven si sveglia molto agitato ma con il sogno impresso nella mente con estrema chiarezza. Accende la luce e vede Bufo che lo sta osservando dalla sua vaschetta.

Cap. 12 (0)

31

Primo Settembre. É sera.

Steven e Paul stanno conversando al tavolo di un bar sulla mamma di Steven e su come sono andate le vacanze.

Steven cambia improvvisamente discorso e dice seccato: “ma che aspetta Schenzen a darci la risposta se possiamo testare la molecola sui malati?”

“Te lo dico sempre che questa cosa scotta… Ci sono interessi in gioco…”

“E il bene dei malati? Ti ripeto: pensa se la molecola fosse davvero efficace! E noi sappiamo che il costo non sarebbe nemmeno alto per produrla su scala industriale…”

Paul dubbioso “che sia questo il problema?”

“Sono stanco” dice Steven sbadigliando “comunque è ora di andare. Mi accompagni a casa?”

Paul fa scendere dall’auto l’amico davanti alla villetta in affitto in cui abita e se ne va. Dopo nemmeno un minuto riceve una chiamata di Steven sul cellulare.

“Paul! Torna indietro! Presto!”

In pochi secondi l’amico ritorna, varca la soglia della casa e trova Steven smarrito con in mano la vaschetta vuota di Bufo. L’acqua è sul pavimento insieme ad alcuni soprammobili…

“Steven” esclama Paul “ma cosa è successo?

“Eccolo là” esulta Steven con sollievo e si abbassa per raccogliere qualcosa in un angolo “pensavo che lo avessero portato via…”

“E chi mai lo vorrebbe?” sussurra Paul.

Steven fa segno a Paul di tacere e poi indica la camera da letto. Ripone Bufo nella sua vaschetta e corre nella stanza urlando “È  ancora qui! L’ho sentito!”

Anche Paul si precipita nella stanza e afferra Steven che stava scavalcando la finestra.

“Non fare stupidate, chiamiamo la polizia. Presto! Potrebbe essere armato!”

Steven si trattiene a forza “hai ragione!” risponde ansimando a causa degli sforzi e dalla tensione nervosa.

Cap. 13 (2)

37

Due ore dopo. In casa del dottor Anderson.

“Mi scusi dottore, ma chi può voler rubare un rospo?” chiede stupito un agente di polizia.

“A parte che ho fatto un sogno. Ma lasciamo stare… In queste due ore ho controllato e non manca niente…”

“Forse il ladro, rovistando sul mobile, ha urtato la vaschetta che è caduta con quell’animale” risponde l’altro poliziotto.

“Non credo” dice Steven più conciliante “porte e finestre non sono nemmeno scassinate… Però  a volte mi capita di lasciare la porta aperta…”

“Questi sono affari suoi” dice il primo agente diventando serio “io compilo la denuncia e gliela faccio firmare, poi lei passi domani al Comando per la conferma. Adesso abbiamo fretta perché ci hanno appena chiamati dalla Sky Tower.” E rivolgendosi a Paul “lei ha visto il ladro?”

“Veramente non l’ho visto, però ho visto Steven che lo inseguiva.”

“Ha sentito i rumori?”

“No… Ma ripeto che Steven ha sentito un rumore e si è precipitato in camera da letto dove la finestra era effettivamente aperta.”

L’agente si fa leggermente ironico “dottor Anderson, non è che abbia dimenticato aperta anche la finestra..?”

“Potrebbe anche darsi…” risponde Steven pensieroso.

Cap. 14 (1)

41

Mezzanotte. A casa di Paul.

Paul, Martha e Steven seduti attorno al tavolo della cucina. Bufo è nella sua vaschetta  appoggiata sul mobile.

“Ascolta Steven, te lo dico da amico. Da un lato sono convinto che tu abbia visto il ladro…”

“Solo da un lato?” dice Steven irritato.

“Non agitarti, Steven, comunque sono convinto che tu sia convinto di aver visto il ladro.”

“Adesso giochiamo con le parole??”

“Steven” interviene Martha dolcemente “considera la tua situazione…”

“In che senso?”

Ancora Paul “negli ultimi mesi la tua vita è stata sconvolta. Kate ti ha lasciato, poi la morte della mamma, le sperimentazioni che non riesci a terminare… Capisci che dopo questi stress, la tensione nervosa, il dolore, la delusione possono fare brutti scherzi… Anche alle menti razionali come la tua…”

Steven diventa più arrendevole e abbassa lo sguardo “forse avete ragione, scusatemi, ultimamente ho avuto troppi dispiaceri… Per fortuna che ho ancora voi due…”

Paul sempre più fraternamente “…e per risolvere la questione di stasera… Bufo, adesso che è così grosso e pesante, può aver saltato e rovesciato la vaschetta a terra trascinando anche i soprammobili. E tu hai dimenticato porta e finestra aperte. Che ne dici?”

“Per le porte e finestre aperte a volte capita, ma questo Bufo non l’ha mai fatto…” sussurra Steven guardando il rospo nella vaschetta “però tutto è possibile. Mah, non so, forse il ladro era solo un’ombra della tenda che si muoveva… Penso che domani andrò a ritirare la denuncia.”

Paul lo guarda soddisfatto “Steven… É una buona idea.”

Cap. 15 (0)

43

Inizio di Novembre.

Mister Walker è al telefono. Dopo aver parlato di altre cose dice: “Già che la sento Mister Wilson, si ricorda di quella questione di cui le avevo accennato qualche mese fa su una sperimentazione per inibire il virus HIV?”

“Più o meno, me la ricordi meglio Walker.”  Henry Wilson è un uomo sulla cinquantina, non molto alto e piuttosto adiposo. Il suo viso tondo pallido è caratterizzato da due baffi lunghi e di colore grigio. Ha occhi grandi e azzurri, ma coperti da occhiali da vista a causa di una forte miopia. I capelli, tenuti abbastanza lunghi, sono ormai interamente grigi. Si veste sempre in modo formale ma elegante  portando pantaloni e giacca blu, con una camicia spesso bianca e la cravatta sempre in tinta con il vestito. Proprietario di altre aziende e di un impero immobiliare, Wilson è di carattere autoritario ed ha come fine fondamentale il diventare uno degli uomini più ricchi della Nuova Zelanda. Non esiste per lui un’etica o una morale che ponga il profitto in seconda battuta.

Continua Walker “uno dei nostri ricercatori di Auckland ha modificato una molecola animale che sembra possa avere degli effetti interessanti sull’inibizione del virus dell’AIDS. Questo Anderson sta premendo il Responsabile dell’Istituto di Ricerca, il dottor John Schenzen, per testare la molecola sui malati.”

“Ora ricordo. Mi sembra di averle detto…”

“Mi scusi se la interrompo, ma la risposta me la deve ancora dare. Come sa la sperimentazione su soggetti umani ha dei costi elevati che lei, come socio di maggioranza della nostra azienda, si è riservato di autorizzare.”

“Ah, è vero… Sa, ho tante cose per la testa. Avete verificato quegli esperimenti?”

“Lo ha fatto il dottor Schenzen. Anche lui dice che per avere delle certezze bisognerebbe sperimentare sull’umano.”

“Riassumiamo Walker. Se non ho capito male potrebbe venir prodotto un farmaco che somministrato ai pazienti eliminerebbe dal loro corpo il virus dell’AIDS?”

“Non è proprio così, ma l’effetto sarebbe similare.”

“E il BZU non servirebbe più?”

“Evidentemente no.”

“Walker, le ricordo che il BZU è il prodotto di punta della nostra azienda sia a livello di entrate che di immagine. Penso di averle dato la risposta. Sarebbe spiacevole dover licenziare dipendenti a causa di minori proventi…”

Cap. 16 (2)

47

Il giorno dopo.

Ufficio del responsabile dell’Istituto di Ricerca della Industria Farmaceutica “RogerSmithWillerInternational” dottor John Schenzen.

“E questo è tutto dottor Anderson… Mi spiace, i suoi protocolli sono indubbiamente interessanti, ma questi sono tempi in cui è difficile che un’azienda farmaceutica, anche grande come la nostra, si possa permettere questo tipo di sperimentazione sui malati.”

“Ma…” Steven  tenta di parlare.

“Non insista dottor Anderson. Non è il caso. Mi creda. Arrivederci.”

Schenzen si alza e accompagna cortesemente ma con fermezza Steven alla porta.

Cap. 17 (1)

53

La sera stessa.

Pizzeria “Pasqualino’s” sulla Tamaki Drive.

“Ma proprio non riesco a capire! E allora io vado a lavorare per un’altra azienda farmaceutica” Steven è molto arrabbiato e alza il tono della voce “magari negli States o anche in Cina, dove mi faranno testare la molecola sui malati! E quando il farmaco sarà pronto la “RogerSmithWillerInternational” avrà ciò che si merita!!”

“Calmati Steven” interviene Paul “cerchiamo di ragionare.”

“Io ragiono fin troppo bene. Ma pensa a quanti mesi ci hanno fatto perdere e quanta gente poteva essere curata…”

“Ascolta, te lo dico da amico, non ti arrabbiare, ma sei proprio un ingenuo. Pensi davvero che per un’azienda farmaceutica la priorità sia curare la gente? La priorità rimane il profitto! Mettitelo bene in testa! Pensa ad esempio alla produzione di anticoncezionali e di abortivi! Ed anche la proposta che tu hai fatto è stata vagliata in base al profitto! Chiaro?”

“Allora che posso fare Paul, se non rivolgermi alla concorrenza?”

Il collega pensieroso “prima di fare mosse imprudenti è meglio rifletterci bene.”

Cap. 18 (0)

59

Fine di Novembre.

Steven nell’Ufficio del Direttore del Personale. Peter Harris è un uomo di circa sessant’anni. Di statura media, con carnagione scura e corporatura minuta. Il suo viso, puntualmente sbarbato, sembra quasi scavato dalle mascelle che si notano soprattutto di profilo. La bocca, dalle labbra molto sottili, è sempre serrata. Gli occhi, profondamente neri, non manifestano emozioni. La voce è profonda e roca a causa del gran fumare. Harris è un uomo calmo, deciso e di carattere chiuso. La sua posizione lavorativa lo ha abituato a subire forti contrasti. Spesso è secco nelle risposte e senza compassione per i dipendenti dell’azienda. Apparentemente privo di emozioni esegue gli ordini che riceve dai suoi superiori con estrema precisione.

“Scusi dottor Harris, forse non ho capito bene” Steven è incredulo “mi sta dicendo che devo per forza firmare uno dei due moduli? Ma non le sembra che questo sia un ricatto?”

“Ha capito bene, ma non è un ricatto dottor Anderson” afferma il dottor Peter Harris con freddezza “o dichiara che non continuerà la sua ricerca, che potenzialmente può danneggiare la “RogerSmithWillerInternational”, oppure firma la lettera di licenziamento volontario. La nostra azienda deve tutelarsi.”

“Potrei pensarci qualche giorno?”

“No. Se non firma adesso procederò con la pratica di licenziamento da parte dell’azienda. E le faccio notare che, se vorrà essere assunto da un’altra ditta, questo non le conviene…”

Steven diventa rosso e con tono irato esclama “allora mi licenzio!!”

E firma il modulo di licenziamento volontario.

Il dottor Harris non batte ciglio. Ritira il modulo in una cartelletta, saluta con distacco Steven e lo accompagna alla porta con un laconico “buona fortuna.”

Ritorna alla scrivania e alza la cornetta del telefono.

“Ha sentito Mister Walker?”

“Si, anche se avrei preferito l’altra soluzione… Certo che lei poteva essere un po’ più incoraggiante…”

“Le ricordo che io sono il Direttore del Personale e non lo Psicologo del Lavoro.”

Dopo aver concluso la telefonata Walker ne inizia un’altra.

“Mister Wilson, le comunico che ci sono delle novità sul ricercatore di cui stiamo trattando.”

“Mi dica.”

“Purtroppo ha scelto l’opzione del licenziamento volontario.”

“Peccato! Questi sono tempi difficili… Farà molta fatica a trovare lavoro presso la concorrenza, vero?”

“Su questo non ci sono dubbi.”

Cap. 19 (2)

61

La sera.

Steven nell’appartamento di Paul e di Martha. Sono attorno al tavolo.

“Ma Steven” Paul è irritato “avresti potuto licenziarti anche dopo averci riflettuto.”

“Paul: allora avrei dovuto firmare la rinuncia alla ricerca sulla bufotossina!?”

“Che guaio Steven…” dice Martha molto preoccupata.

“E adesso?” chiede Paul.

“Adesso non so proprio cosa fare… O meglio, qualcosa farò! Andrò a bermi qualcosa e poi ci dormirò su! E domani vedremo. Per fortuna mia mamma mi ha lasciato qualche soldo e la casa di Orewa.”

“Steven, stavo pensando se c’è la possibilità di ritirare le dimissioni e di continuare la ricerca in altri modi” riflette Paul.

“Se ti viene qualche idea fammi sapere. Comunque grazie della comprensione.”

“Vuoi dormire da noi Steven?” Chiede Martha con premura.

“Tranquilli, non farò niente di strano. Ci vediamo domani. Verrò in laboratorio a ritirare le mie cose.”

Cap. 20 (1)

67

Mezzanotte.

Steven è nel letto abbastanza sobrio, ha solamente bevuto un paio di birre. Bufo è nella sua vaschetta sul mobile. Molti pensieri gli turbinano nella testa. Verso le 02.40 si addormenta. E sogna…

È giorno, ma si trova immerso nella nebbia… Riesce appena a vedere le sue mani… Sente di dover andare in un luogo dove è atteso… Ma non sa la direzione… Allora, temendo di urtare contro qualcosa, prova lentamente a camminare… Dopo un tempo indefinito comincia a demoralizzarsi… Sembra che la nebbia si faccia più fitta e che la luce si attenui… È quasi buio… Steven sente salire l’angoscia! La paura sta per prendere il sopravvento, quando vede un bagliore lontanissimo… Camminando prudentemente con le braccia in avanti procede in direzione del chiarore… Dopo essere avanzato per molto tempo la luce si fa gradualmente più luminosa… Finalmente arriva vicino alla sua fonte… Steven guarda incredulo…. È Bufo che, da terra, emana quella luminosità e gli dice “Portami a casa! Presto!”

Steven si sveglia improvvisamente con il sogno impresso nella mente con estrema lucidità. Accende la luce e vede Bufo immobile nella sua vaschetta che lo osserva.

Cap. 21 (0)

71

Il giorno dopo.

Laboratorio della “RogerSmithWillerInternational.” Dopo aver salutato i colleghi e gli assistenti Steven si intrattiene con Paul.

“Ho deciso cosa fare. Andrò a fare un altro viaggio nel Nord Italia.”

Paul è sorpreso “hai avuto un’idea?”

“Ho fatto un sogno…”

“Sei sicuro?” l’amico è dubbioso “pensaci bene. Comunque cambiare ambiente ti può servire per valutare le cose in modo più ragionevole. E poi so che non riuscirei a farti cambiare idea. Rimaniamo in contatto. Chiamaci appena sbarchi. OK?”

“OK, stasera vengo a salutare Martha. Poi ci vedremo tra due settimane, o forse anche tra un mese. Tanto adesso sono disoccupato..!”

Intanto Norma piange in silenzio senza farsi vedere.

Cap. 22 (2)

73

Italia. Seconda settimana di Dicembre. Primo pomeriggio. Aeroporto di Milano Malpensa. Steven scende dall’aereo con la sua borsa. Nessun problema ai controlli.

Il clima è ancora relativamente mite.

Affitta un’auto. Alle 16.20 si trova nell’albergo di Varallo Sesia che già conosce. Bufo è nel suo contenitore sul mobile della stanza. Per fortuna Steven aveva conservato nella rubrica dell’iPhone il numero di telefono di Gigi Cosotti, la guida valsesiana del precedente viaggio. Prende un appuntamento per l’escursione al Lago di Sant’Agostino per le 09.30 del giorno dopo.

Steven si rivolge al rospo “caro Bufo, dopo un anno e mezzo ti ho riportato a casa… Come tu mi hai chiesto in sogno… Certo che per me sei stato una bella fonte di guai… Ma, a dirla tutta, sono stato io a prenderti con me… Il clima qui è diverso e ti dovrai adattare, sarà meglio che domani ti metta nei pressi delle rocce sulla riva ovest del lago, in modo che possa trovare presto un rifugio in vista dell’inverno.”

Bufo guarda Steven e risponde con una delle sue gracchiate.

Cap. 23 (1)

79

Il giorno dopo.

Steven, con Bufo nel contenitore, stanno salendo con Gigi da Roccapietra al Lago incassato tra le montagne.

“Che cambiamento” Steven è stupito “il verde della vegetazione è quasi scomparso!”

“Dottore, siamo sulle Alpi, la catena montuosa più alta d’Europa e ormai è inverno: la natura si sta preparando. L’anno scorso la temperatura è scesa a 15 gradi sottozero!”

“A dire la verità il mio concetto dell’Italia era un po’ diverso: tutto mare, sole, pasta e pizza.”

“Anche qui al Nord Ovest mangiamo pasta e c’é qualche pizzeria, ma il mare proprio no e il sole scarseggia. In compenso abbonda la pioggia…” Gigi cambia discorso “dottore, sa che lei mi è rimasto impresso? Ma non tanto per la faccenda del rospo, che onestamente mi ero dimenticato e che rivedo senza molto piacere, ma per gli altri due che sono venuti a cercare rospi.”

“Mi può ripetere?” Steven si fa attento.

“Lo scorso Agosto sono venute due persone che sembravano marito e moglie a cercare rospi e, siccome parlavano inglese, mi sono ricordato di lei. Tutto qui.” E scherzando “mi sono anche divertito perché in quel mese di rospi non se ne vedono molti. Quando ne abbiamo visto uno nel lago lui voleva entrare nell’acqua per prenderlo con il suo retino. Ma io l’ho avvisato del pericolo delle sanguisughe e allora ha desistito!”

“Da dove venivano?” domanda Steven sempre più interessato.

“Ho provato a chiedere ma parlavano poco… Erano interessati solo alla ricerca di rospi…” Gigi con lo sguardo furbo “io ho girato il mondo quando facevo il cuoco, e le posso dire che non erano né inglesi né americani. Secondo me quelli venivano dalle sue parti.”

“E i rospi li hanno trovati?”

“Quel giorno no. Però possono essere poi tornati anche da soli. Come vede il sentiero non è difficile da imparare…”

Steven è colto da un dubbio “si ricorda i nomi?”

“Dottore, dovrei andare a vedere sull’agenda. Però in Italia c’é la Legge sulla Privacy, potrei avere delle grane…”

“Lasci stare, era solo una curiosità” afferma Steven diventando pensieroso.

“Comunque mi pare di ricordare che sono entrambi magri, lui avrà circa quarant’anni anni e lei aveva i capelli rossi” e cambiando ancora discorso “dottore, ma lo sa che tra i miei colleghi solo io vengo in questo posto?”

“Ah si? E perché?”

“Perché tra le guide che parlano inglese solo io mi arrampico fino a qui. Veramente ci sarebbe anche una collega, ma ha paura!” Gigi con un’aria un po’ misteriosa.

“Paura dei rospi e delle sanguisughe?” Chiede Steven scherzando.

“Forse anche, ma lei ha paura degli spiriti e delle streghe! Anche se io ovviamente non ci credo…”

“Cioè?”

“Un tempo, prima dei Romani, in queste zone c’erano i Celti con i loro sacerdoti, i famosi Druidi, che celebravano riti sacrificali notturni nei loro boschi sacri. Poi le farò vedere un masso, se ce la fa a salire, con le coppelle e i canaletti dove scorreva il sangue degli animali che scannavano…” e, a voce più bassa “…a volte facevano anche sacrifici umani…”

“Interessante!” Steven è colpito dal discorso.

“Poi si dice che nel Medioevo” continua la guida “le streghe venissero a fare qui i loro sabba! Dopo aver rubato i neonati dalle culle li sacrificavano nelle notti dei martedì di luna piena sulla roccia che noi chiamiamo “Saas  di  Strij”, cioè sasso delle streghe. Questo un  altro masso ancora più grande che si trova in una valletta stretta, completamente isolata, che oggi non abbiamo tempo di andare a vedere perché è sul sentiero che va verso il paese di Quarona.”

“Ma davvero succedevano queste cose?” chiede con fare dubbioso Steven.

“Mah… Forse sono solo leggende… I Celti però c’erano davvero. Di sicuro io non salirei quassù di notte da solo!”

Cap. 24 (0)

83

Dopo aver girato attorno al lago, i due arrivano sul lato ovest nei pressi della grande pietraia.

Steven leva il coperchio del contenitore e, un po’ commosso, dice “é venuto il momento di lasciarci, caro Bufo. Dopo tutto questo tempo finalmente sei tornato a casa…” e invita con delle dolci scosse il rospo a uscire.

Con alcuni piccoli balzi e camminando Bufo va verso le rocce, si ferma e se ne sta immobile. Poi si volta e torna dentro il contenitore.

“Dottore, il rospo non la vuole lasciare” dice ridacchiando Gigi.

“Facciamo un giro” dice Steven colpito “al ritorno vedremo se è ancora lì. Ho visto su Internet che qua vicino ci sono le rovine di un castello… Anche se non ho capito bene, perché il traduttore era impreciso.”

“Venga, si passa di qui. La porto al castello di Arian ma, eccetto la grossa cisterna, non è rimasto molto.”

Dopo circa trenta minuti i due ritornano e… Sorpresa! Il rospo è ancora nella sua gabbietta.

“Che facciamo?” Chiede Steven.

“Lasciamolo lì. Se la caverà. Ma non sa che i rospi camminano anche per molti chilometri per venire a riprodursi nel lago? Troverà un rifugio per l’inverno. Stia tranquillo.”

Un po’ riluttante Steven acconsente. Fa uscire Bufo dal contenitore e con Gigi si incammina voltandosi spesso a guardare l’animale che se ne sta immobile ad osservarli.

Il dottore è triste “certo è un essere brutto… Ma mi ci ero affezionato…”

“Faccio un po’ fatica a capirla” dice la guida seriamente, e rimugina “mai sentito di una persona che tiene i rospi in casa…”

Poi ad alta voce “dottore, ora che ci penso, le leggende dicono che le streghe usassero i rospi per le loro magie… Ma non so se li tenevano in casa… Adesso ci sono le sette sataniche che…” Steven lo guarda stupefatto, Gigi continua “ci sono dei gruppi di esaltati, malati psichiatrici secondo me, che di notte vanno nei cimiteri o nelle chiese sconsacrate o in luoghi come questo per fare dei riti satanici… E sacrificano animali, forse anche rospi. Per questo le dicevo che non verrei qui la notte. Non certo perché io abbia paura delle streghe o degli spiriti…”

Lasciato il lago, dopo circa cinque minuti di cammino, ecco i due di fronte ad un grosso masso di forma vagamente rettangolare di circa due metri per quattro e alto almeno tre.

“Noi lo chiamiamo “Sas dla Baceja.” È un masso erratico, portato da antichi ghiacciai, vede com’è isolato? Sopra è piatto e ci sono le coppelle e i canaletti. Se la sente di salire? Badi che non è facile, ma scendere è ancora più difficile. Quando ero giovane facevo un gran salto, ma ora scendo in retromarcia strisciando perché ci sono pochi appigli.”

Dopo aver girato attorno al masso Steven prova invano a scalarlo.

“L’unico modo per salire è qui, lei faccia come me.” Gigi, aggrappandosi con le mani e puntando i piedi, lentamente scala il masso. Una volta su si gira verso Steven porgendogli la mano “coraggio, l’aiuto io.”

Il dottor Anderson inizia la salita facendo come la guida e in pochi secondi è sulla sommità. Si guarda intorno, e senza fatica, osserva le coppelle e i canaletti.

“Molto interessante!”

Dopo aver guardato attentamente il masso entrambi si siedono sulla roccia con le gambe a penzoloni in direzione del lago ad osservare lo strano luogo.

Passano circa dieci minuti Gigi fa cenno che è il momento di scendere “adesso viene la parte più difficile…”

Dopo qualche problema per la ricerca dell’appoggio dei piedi, entrambi sono a terra. Insieme compiono i pochi metri per raggiungere il sentiero quando la guida esclama “dottore, guardi, c’è un rospo!”

Steven esclama “ma è Bufo!!”

“È sicuro?”

“Non c’é il minimo dubbio! E adesso!?”

“Lo lasci lì! Non vorrà riportarselo in Nuova Zelanda dopo che è venuto apposta per portarlo a casa.”

“Ha ragione…” E, con gran dispiacere di Steven, ancora una volta i due se ne vanno. Bufo li osserva.

Dopo pochi passi Steven si illumina e chiede “ha detto che lei era rossa di capelli e magra e lui alto, magro, sui quarant’anni?”

“Chi?” chiede Gigi sorpreso.

“Scusi, intendevo le persone che cercavano rospi nel mese di Agosto.”

“Si… Ma se li ha identificati non mi faccia passare dei guai…”

“Non si preoccupi…” Steven colto dal dubbio pensa “ma Paul e Martha dove sono andati in vacanza nel mese di Agosto..?” E poi si volta verso il rospo che ormai è un puntino “grazie Bufo… Addio…”

Cap. 25 (2)

89

Sera tardi.

Steven è in albergo. Nel dormiveglia ha un pensiero ricorrente: che Bufo venga preso quella notte da un gruppo di satanisti per sacrificarlo sul masso. Per ore non riesce a togliersi quel pensiero finché decide di andare a riprende il rospo.

Guarda la sveglia. Sono le 02.46. Si alza dal letto deciso a recarsi al masso. Per fortuna, nella valigia aveva messo una pila a led, stile minatore. Con l’auto si reca al sentiero che porta al lago, e con la luce della pila, inizia a salire a piedi pensando “certo che non sono mai stato in un bosco di notte… E per di più in Italia…” Poi, per farsi coraggio “però non è così male… E che belle stelle che si vedono dal sentiero…”

Arrivato in cima al colle Steven sente un rumore di foglie mosse e si blocca con un tuffo al cuore. Si sforza di pensare che sarà stato un animale notturno, forse una volpe… Sta immobile per qualche minuto poi, lentamente, ricomincia a camminare ascoltando ogni piccolo rumore. Calpesta un bastone, si china e lo raccoglie stringendolo forte nella mano.

Passa nella breccia del grande muraglione che, alla luce azzurrognola della pila a led assume un’aria sinistra, e sussurra “ma chi mai e perché avrà costruito questa muraglia così mastodontica quassù?!”

Con facilità trova il sentiero che porta al masso e al lago. Lo percorre cercando di fare meno rumore possibile guardandosi intorno alla ricerca di Bufo.

Improvvisamente, l’ombra della grande roccia. Steven ci gira attorno sempre alla ricerca del rospo. Ad un certo punto pensa “sarà salito sul masso?”

Ricordando il metodo di Gigi comincia a scalare la roccia coperta dall’umidità della notte ma, a circa due metri, gli scivolano contemporaneamente una mano e un piede con il risultato di sbattere violentemente la testa contro il masso e cadere svenuto a terra. Ed ecco l’incubo.

Steven è nel laboratorio di sperimentazione dell’Industria Farmaceutica “RogerSmithWillerInternational…” Si vede dall’alto legato su di un tavolo… Quattro persone incappucciate armeggiano intorno a lui… Riconosce Schenzen ed Harris… Gli altri due non sa chi siano… E d’un tratto capisce: lo vogliono sacrificare! Il terrore si impadronisce di lui… Tutti e quattro alzano dei coltellacci per trafiggerlo! Ma ecco che da una provetta esce la voce di Bufo: “Stai calmo Steven, è solo un sogno…”

Steven si risveglia immerso nel buio e nel silenzio. È scosso, scopre di avere molto freddo. La testa, la gamba destra e il polso sinistro sono doloranti. La pila è a terra ancora accesa a circa un metro, se la rimette in fronte e guarda l’orologio. Sono le 03.33. Camminando a stento per il dolore e rimuginando su ciò che gli era successo e sull’incubo, si avvia sul sentiero per ritornare all’auto e poi in albergo rinunciando alla ricerca di Bufo.

Cap. 26 (1)

97

Dopo aver dormito male per il resto della notte a causa dei vari dolori dovuti alla caduta, Steven si alza verso le 09.30. Si veste e scende al bar dell’albergo per la colazione. Dopo essere risalito in stanza e aver preso una bustina di antidolorifico, decide di tornare al lago alla ricerca di Bufo. Percorre per tutta la mattina i vari luoghi dove poteva trovarsi il rospo, ma capisce che la ricerca è vana.

Scendendo a valle Steven pensa ad alta voce “questa volta sei davvero tornato a casa… Ma il tuo dovere l’hai fatto fino in fondo… E adesso che devo fare con Paul e Martha?”

Steven torna in albergo per il pranzo poi si ritira nella sua stanza con il pensiero di mandare una mail a Paul.

Paul, ti scrivo dall’Italia, sono in Valsesia come ti avevo detto. Bufo è tornato nel suo ambiente. A proposito: forse non ti ho chiesto come hai passato le vacanze di agosto con Martha. Fammi sapere…

Steven.

Risposta di Paul che giunge dopo pochi minuti.

Sono contento che tu stia bene. Qui tutto OK. Le vacanze di Agosto? Ma sono passati parecchi mesi… Erano andate bene… Quando torni? Martha ti saluta.

Paul.

Steven è indeciso se approfondire ulteriormente e pensa “Ma dove erano andati in vacanza? Forse non me l’hanno mai detto chiaramente. Il dubbio me lo devo togliere.” E scrive una nuova mail.

Paul sono ancora io. Scusa l’insistenza, ma mi è venuto un dubbio: ad Agosto dove siete andati in vacanza?

Steven.

Risposta di Paul.

Steven, che dubbio ti è venuto? Comunque in vacanza siamo stati in vari posti in Europa. Mi sembra che ne avessimo parlato…

Ciao.

Paul

“Se fossero stati in Valsesia me lo avrebbe scritto” pensa Steven “non me lo avranno celato apposta..! Era meglio se la guida non mi avesse detto niente…”

Mentre Steven riflette ecco che arriva una nuova mail. Guarda il mittente: è Norma Lee. “Ma che vorrà? Avrò dimenticato qualcosa in laboratorio?” e la apre.

Dottor Anderson,

come va? Sta soffrendo molto? Scusi se la disturbo, ma avrei delle cose molto importanti da dirle. Quando è possibile?

Norma

Risposta.

Cara Norma,

sto abbastanza bene. In questo momento sono all’estero. Mi scriva pure ciò che ha da dirmi perché non so quando rientrerò.

Steven

Dopo pochi minuti Norma scrive.

Dottor Anderson,

le volevo dire delle cose a riguardo del lavoro che stavamo facendo, ma penso che sia meglio a voce. Mi faccia sapere quando rientrerà a casa.

Norma

“Ma che cosa vorrà dirmi di tanto segreto?” pensa Steven dubbioso “visto il tipo che è…”

Steven risponde.

OK, come vuole Norma. Già che ci sentiamo, mi può inviare i file dei protocolli della sperimentazione sulla bufotossina che ho lasciato nel computer dell’ufficio del laboratorio? Nella fretta mi sono dimenticato di prenderli.

Steven

La risposta di Norma non è immediata.

Dottor Anderson,

diciamo che lì sta il problema.

Norma

Steven diventa sospettoso e scrive: Forse i file sono stati rimossi?

Steven

Noma risponde: Dottor Anderson,

oltre che i file anche il cartaceo è scomparso. Le ripeto che voglio parlarle quando torna.

Norma

Steven è infuriato “maledetti: io ho dei diritti su quegli studi. Ne avevo dato una copia anche a Schenzen” e decide di tornare in Nuova Zelanda, ma prima, come aveva pensato, di passare a visitare la zia malata ed i cugini in Inghilterra.

Cap. 27 (0)

101

Tre giorni dopo, atterrato a Londra all’aeroporto di Heathrow alle 10,20, Steven prende il treno per Brighton dove risiede la zia, sorella del padre. Alla stazione della cittadina marittima lo attende il cugino Denis, coetaneo. Il tempo è nuvoloso.

“Da quanto tempo Steven!”

“Ciao Denis! Scusa per il ritardo! Ma ho dovuto prendere il treno successivo perché all’aeroporto mi hanno fatto una perquisizione totale. Che sfortuna! Tornando a noi, certo che di anni ne sono passati… Come va la zia? E James?”

“Come ti ho scritto nella mail, purtroppo la mamma è quasi giunta al capolinea… Il morbo di Alzhaimer è stato veramente letale… Oggi pomeriggio ti porterò alla clinica dove è ricoverata. A casa non riuscivamo più a contenerla…”

“Capisco… Povera zia… Siete gli unici parenti che mi siete rimasti…”

“Ah, è vero, ti rinnovo le condoglianze per tua mamma… Non siamo proprio riusciti ad organizzarci per venire al suo funerale… I tempi erano così stretti…”

“Si fa quello che si può…” dice Steven un po’ più freddo “e James?”

“Mah… Mio fratello è sempre in giro…”

“Che cosa fa?”

“Ecco… Esattamente non lo so. É un po’ che non lo vedo…”

Steven si fa più attento “ci sono problemi?”

“Da quel che ho capito ha avuto dei dissesti finanziari, poi si è separato dalla moglie e ha cominciato a fare il misterioso…”

“E i figli?”

“Quali figli? James non ne ha mai avuti.”

“Scusa, è vero, sei tu che hai dei figli. Come stanno?”

“La piccola Glenda ha appena iniziato le Scuole Primarie, Roger invece è all’ultimo anno delle Secondarie e direi che crescono bene. Mia moglie ha cambiato lavoro e dirige il personale di un supermarket.”

“Dirige il personale? Io ho avuto brutte esperienze con il direttore del personale dell’azienda dove lavoravo!”

“Mi spiace… Chris è comprensiva e non ha grossi problemi con le dipendenti. Adesso per chi lavori?”

“Sono disoccupato Denis, e così ho approfittato per venire a trovarvi” e cambiando discorso “sarà possibile salutare anche James?”

In quel momento squilla il cellulare e Steven risponde “James? Sei il cugino James?? Ma allora ti stavano fischiando le orecchie, perché stavamo proprio parlando di te!”

Denis ha uno sguardo incredulo e sussurra “ma io non gli ho dato il tuo numero di telefono.”

James “ciao Steven. Ti faccio le condoglianze per la zia Rita. Quando riparti?”

“Grazie. Ho il volo alle 19.35 da Heathrow.”

“Ora dove sei?”

“Tuo fratello mi sta portando a mangiare e poi andremo alla clinica a visitare tua mamma” rivolgendosi a Denis “a che ora saremo all’aeroporto?”

“Digli che, se non c’è troppo traffico, saremo là verso le 16,20.” Steven riferisce.

“OK, ci sarò anch’io. Ci vediamo.” James chiude la comunicazione e ne apre immediatamente un’altra. “Si, è proprio lui, è mio cugino. Abbiamo un appuntamento in aeroporto. Vi farò sapere.”

“Che tipo tuo fratello!” Steven è sorpreso “ma fa sempre tutte quelle domande? Ha detto che verrà all’aeroporto.”

“Non so che cosa dirti. Sono un paio d’anni che ha un comportamento stano, è molto schivo. Pensa che non so nemmeno dove abiti…”

Denis parcheggia l’auto nei pressi del ristorante “Casalingo” in Preston Street dove i due cugini vanno a mangiare il pranzo.

Nel primo pomeriggio, dopo la visita alla zia nella clinica per malati di Alzhaimer, Denis accompagna Steven direttamente all’aeroporto.

“Non ti dovevi disturbare.”

“Tranquillo, sto prendendo due piccioni con una fava, in questi giorni dovevo comunque andare a Londra.”

“Certo che la zia è proprio ridotta male. Non mi ha riconosciuto… E non si ricordava nemmeno di papà…”

“É veramente un dramma…”

Cap. 28 (2)

103

Aeroporto di Heathrow.

Steven, dopo aver salutato Denis, varca le porte per recarsi nella zona dei check-in. Immediatamente è affiancato da un uomo alto, trasandato, con la barba di qualche giorno, che a prima vista non riconosce.

“Eccomi qua Steven.”

“Sei tu James?! Con quella barba e i capelli lunghi proprio non ti riconoscevo!”

Con fare sornione “sono io, sono io. Il tempo passa e le persone cambiano. Innanzitutto ti rinnovo le condoglianze per zia Rita, cioè per tua mamma.”

“Ti ringrazio. Anche tua mamma ho visto che ha grossi problemi…”

“Si, purtroppo certe malattie sono devastanti e non lasciano scampo…”

“E tu James? Come te la passi?”

“Che ti ha detto Denis?”

“A dire la verità tuo fratello sa pochissimo di te. É preoccupato…”

“Va bene così. Senti Steven vorrei parlarti a tu per tu di una cosa importante, ma qui ci sono troppi occhi e orecchie. Usciamo, tanto hai ancora un’ora di tempo per il chek-in. Seguimi.”

Stupito Steven segue il cugino fuori dalla struttura. Si siedono su una panchina nonostante il nevischio. James si guarda attorno in modo attento ma discreto e, a voce bassa, dice “se hai un cellulare o qualsiasi altro aggeggio di comunicazione ti prego di spegnerlo.”

Steven inizia a dare segni di agitazione “scusa, ma mi dici cosa sta succedendo? Perché dovrei spegnere l’iPhone?”

Senza parlare il cugino mette una mano in tasca, estrae un tesserino tenendolo nel palmo della mano nel modo più nascosto possibile, e lo mostra dal basso in modo che Steven possa leggerlo. Dopo pochi secondi Steven estrae il telefono e lo spegne.

“Che cosa devi dirmi?”

“Come hai visto lavoro per il Dipartimento della Sicurezza. Anche il mio aspetto fa parte di questo lavoro, come avrai intuito. E visto che sei un ragazzo intelligente avrai capito che questo colloquio deve rimanere solo tra noi!”

“OK, certamente.” Steven è sempre più sorpreso.

“Il Dipartimento mi ha incaricato di occuparmi di te vista la segnalazione che è stata fatta alle varie Intelligence… Ti chiederai perché hanno scelto me. Facile: i miei superiori hanno subito notato che porti il cognome di mia madre…”

“Quale segnalazione? E da chi??”

“Mi risulta che tu sei stato un ricercatore dell’Industria Farmaceutica “RogerSmithWillerInternational” di Auckland e che hai fatto sperimentazioni non autorizzate su virus e batteri pagate da “aziende” con sede in paesi arabi.”

Steven diventa paonazzo “ma questa è una menzogna mostruosa!! Chi ha messo in giro questa balla colossale?? E poi a che cosa dovevano servire queste sperimentazioni?”

James sempre calmo “ti prego non agitarti troppo: armi batteriologiche.”

“Armi batteriologiche??” Steven cerca di contenersi “ma chi può aver detto una cosa del genere? Io sto, anzi, stavo sperimentando una possibile terapia per la cura dell’AIDS quando ho avuto un sacco di grane con la mia azienda e mi sono licenziato. Tutto qui!”

“E perché ti sei licenziato?”

“Perché mi hanno messo con le spalle al muro: motivi economici! Temevano che potessi davvero scoprire la cura dell’AIDS, e siccome sono i produttori del BZU che, oltre essere il farmaco di contenimento della malattia è il prodotto di punta dell’azienda, hanno pensato di farmi rinunciare alla ricerca, oppure licenziarmi.”

“Ho capito, allora vogliono farti terra bruciata intorno… Infatti il tuo codice di pericolosità è basso.”

“Che codice?”

“Per ogni persona segnalata viene dato un codice di pericolosità. Il tuo era basso, evidentemente la segnalazione è stata considerata poco fondata, sarà sufficiente questo dialogo tra noi, oltre la perquisizione che hai avuto al tuo arrivo, e per l’Inghilterra non sarai più un problema.”

“Ho capito” Steven strizza gli occhi “ecco perché mi hanno fatto svestire completamente…”

“Piacere di averti incontrato cugino Steven” dice James stringendogli la mano “speriamo di rivederci con più calma e senza indagini su di te. Addio.” E se ne va con passo veloce.

Cap. 29 (1)

107

Il giorno dopo in tarda serata Steven è ad Aukland. Telefona a Paul e prende un appuntamento per le 20.30 del giorno successivo.

Casa di Paul e Martha. Sono presenti entrambi. Dopo i convenevoli di rito Steven viene al dunque.

“Forse vi saranno sembrate strane quelle mail che vi ho spedito dall’Italia…”

“Effettivamente un po’ si” risponde Paul.

“Vi spiego. Sono sincero. Ad un certo punto ho avuto il sospetto che vi eravate recati laggiù durante le vostre vacanze di Agosto.”

Interviene Martha “perché dici la parola “sospetto?”

“Perché una persona del luogo ha fatto una descrizione che mi ha ricordato voi due, e mi è sembrato strano che, se foste stati là, non me lo aveste detto né prima né dopo.”

Paul “hai ragione Steven… Ma se, per ipotesi, fossimo andati per pura curiosità a vedere un posto di cui ci hai tanto parlato? Che male ci sarebbe?”

“Se fosse accaduto” Steven comincia ad inquietarsi “perché al vostro ritorno non mi avreste detto niente? E poi quei due erano alla ricerca di rospi!”

“E li hanno trovati?” chiede Martha.

“Non lo so… Ma toglietemi il dubbio una volta per tutte: ci siete andati? Si o no?”

Paul guarda Martha con complicità e sorridendo dice “stai tranquillo Steven… Non faremmo niente che ti danneggi…”

“OK, vi credo” dice Steven più rilassato ma non completamente rasserenato.

Dopo aver parlato per una mezzora Steven se ne va a casa.

“Paul, Steven non mi è sembrato troppo convinto…” dice Martha guardandolo strizzando gli occhi.

Cap. 30 (0)

109

Il giorno dopo Steven è nell’ufficio del dottor Schenzen e sta parlando in modo deciso “ribadisco che sono sicuro di averle consegnato su sua richiesta i protocolli degli studi che stavo compiendo, in cartaceo. Lei sa che ho dei diritti su quegli studi!”

“Mi chiedo di che diritti stia parlando visto che erano ricerche preliminari. Sono sicuro di averle restituito quei protocolli dottor Anderson. Mi risulta che la memoria non sia il suo forte…”

“È vero, però in questo caso sono altrettanto sicuro che lei non me li abbia restituiti!”

Schenzen comincia ad agitarsi “dottore: è in grado di portarmi le prove che io ho quei protocolli?” E in modo più caustico “le ho forse firmato un modulo di presa in consegna?”

Steven capisce che la battaglia è persa e cambia discorso “e poi cos’è questa storia della segnalazione? La diceria delle armi batteriologiche?”

“Dottor Anderson” Schenzen si alza in piedi di scatto “non so proprio di cosa stia parlando! Armi batteriologiche? Lascio a lei la lettura dei libri di fantascienza. Le garantisco che ho molto lavoro da portare avanti. La saluto e le auguro buona fortuna.” E lo accompagna alla porta.

Cap. 31 (2)

113

Tamaki Drive. Pizzeria “Pasqualino’s.”

“Prenda pure quello che le piace” Steven seduto ad un tavolo di fronte a Norma si sforza di essere gentile.

“Grazie dottore” dice a stento la ragazza emozionata e impacciata nel leggere il menù.

Steven, facendo l’ordine al cameriere “sento dall’accento che lei è italiano. Sa che negli ultimi anni ci sono stato due volte?”

“Roma, Napoli, Firenze?” chiede il cameriere.

“No, nel Nord, in Valsesia.”

“In che regione sta? Comunque non la conosco, io al Nord non ci sono mai stato. Da Ponticelli, un grazioso paesello vicino a Napoli, sono venuto qui in Nuova Zelanda a dodici anni. E quando torno me ne sto al mio paese. Mi spiace, ma l’Italia è così lunga: Nord, Centro, Sud e anche le Isole…” E il cameriere va a portare l’ordine al pizzaiolo.

“Effettivamente” dice Steven guardando Norma “nel Nord Italia hanno un accento diverso e fisicamente sono più simili agli anglosassoni. Ma veniamo a noi. Parli pure tranquillamente. Nelle sue mail mi ha scritto che i file della sperimentazione sulla Bufotossina sono stati rimossi. Giusto?”

“Confermo dottore” Norma a stento alza un po’ lo sguardo “me ne sono accorta il giorno in cui le ho scritto le mail.”

“Non è rimasto proprio niente?”

Norma prende una borsona da terra, sorride senza alzare lo sguardo e accenna a parlare quando nel locale irrompono tre uomini mascherati con pistola alla mano. Uno si ferma alla porta sorvegliando l’ingresso, un altro si dirige alla cassa, il terzo si rivolge ai clienti chiedendo di consegnare portafogli e borsette. Il rapinatore si porta davanti alla donna che abbraccia spasmodicamente la sua voluminosa borsa. Allora il malvivente ne afferra il manico e la tira brutalmente. Norma non molla la presa, viene trascinata giù dalla sedia e cade battendo violentemente il capo a terra. Sviene.

Il rapinatore scappa con gli altri due portandosi via la borsa di Norma.

Cap. 32 (1)

127

Tre ore dopo. Ospedale “Quay Park Surgical Centre.

Steven è nel corridoio del Pronto Soccorso. Mentre sta spiegando concitatamente l’accaduto ai genitori e alla sorella di Norma, un medico esce da un ambulatorio e si dirige verso il gruppetto dicendo: “siete i parenti della donna ricoverata?”

“Io sono il padre della ragazza, di Norma Lee, e questa è la madre, ci dica dottore.”

“Il colpo è stato molto violento, c’è un trauma cranico evidente che ha probabilmente generato una commozione cerebrale. Questo non permette a Norma di riprendere coscienza. Abbiamo chiesto la consulenza neurologica. Il neurologo ha appena deciso di mandare la ragazza ad eseguire una TAC urgente.”

“Che significa?” Esclama la madre angosciata “è in coma??”

“Potrebbe avere un ematoma che premendo sul cervello le impedisce di riprendere conoscenza…”

Il padre “cosa si può fare?”

“È prematuro dirlo prima del referto della TAC… Potrebbe essere necessaria un’operazione chirurgica per rimuovere l’eventuale ematoma. Poi verrebbe indotto il coma farmacologico per due, tre giorni e, se non ci sono complicazioni, la ragazza tornerà alla vita normale.”

In quel momento giungono due agenti della polizia. Il più alto si rivolge a Steven “ci siamo già incontrati?”

Steven lo guarda “forse a casa mia qualche mese fa?”

“Ecco, ora ricordo” esclama l’agente “lei è quello che voleva denunciare il tentativo di furto di un rospo, vero?”

“Si, sono io, e lei era venuto con un altro agente…”

“Certo, dipende dai turni. Comunque io sono l’agente Stone. Ma, ditemi” guardando tutti i presenti “chi di voi ha assistito alla rapina?”

“Io” risponde Steven sconsolato “e questa volta non ci sono dubbi, purtroppo.”

“Abbiamo già ascoltato gli altri clienti della pizzeria e il personale. Ora parleremo con i medici, poi venga con noi per la deposizione.”

Accompagnati dal medico i poliziotti vengono introdotti nell’ambulatorio.

Il dottor Anderson, con lo sguardo triste, si rivolge ai genitori della ragazza “non avrei dovuto portare Norma in quella Pizzeria…”

“Dottore” dice la madre “nostra figlia ha per lei una grande ammirazione, ci parlava spesso del dottor Steven Anderson… Era così felice del suo invito… Non è certo colpa sua. Noi siamo cattolici e sappiamo che tutto ciò che accade è permesso da Dio… E crediamo nella sua Divina Provvidenza” il marito e la figlia annuiscono “ora possiamo solo pregare che Lui l’aiuti…”

Steven è un po’ in difficoltà “certo… ecco… io non sono molto credente… però… però… sono d’accordo…”

La sorella di Norma gli porge una immaginetta “dottore, allora ci aiuti a pregare per Norma…” Steven prende l’immaginetta e legge a bassa voce “San Giuda Taddeo Apostolo patrono dei casi disperati…” si mette il santino in tasca e mormora “grazie…”

In quel momento i due agenti escono dall’ambulatorio e gli fanno cenno di seguirlo.

Cap. 33 (0)

131

Dopo aver cercato un angolo riservato in un androne, aver risposto a varie domande sulla dinamica della rapina e sui rapinatori, Steven esclama “sembrava che volessero proprio la borsa di Norma!”

“Da che cosa lo ha dedotto?” chiede il poliziotto con sguardo indagatore.

“Norma aveva con sé una borsa molto grossa, di quelle per fare la spesa, non poteva contenere cose particolarmente preziose… E poi mi sembra che il rapinatore si sia rivolto subito verso di lei…”

“E cosa conteneva quella borsa?”

“Purtroppo non lo so con certezza perché non abbiamo fatto in tempo a parlarne, ho il sospetto che contenesse alcuni protocolli di sperimentazione su sostanze organiche.”

“Se è così, probabilmente la ritroveremo, perché i rapinatori se ne sbarazzeranno in fretta.”

“Mah… Speriamo…” Steven è dubbioso.

“Pensa che quelle carte possano interessare a qualcuno?”

“Forse. Agente Stone, posso avere un colloquio con un ispettore?” Steven è deciso, come se avesse appena preso una decisione importante “devo segnalare quanto mi è successo in questo ultimo anno e mezzo.”

“Ci segua al Comando e faccia la sua richiesta. Tenga presente che siamo in un periodo di festività.”

Cap. 34 (2)

137

Giorno di Natale ore 15,30. Sala di aspetto del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale “Quay Park Surgical Centre.”

Steven e i familiari di Norma sono in attesa da più di tre ore.

Steven cammina su e giù per la stanza parlando a bassa voce con Edmond, padre di Norma. La madre e la sorella, sedute, pregano con la corona del Rosario. Finalmente esce un chirurgo e si dirige sorridente verso le due donne. Entrambi si avvicinano rapidamente.

“Intuisco che siete i parenti della signora che abbiamo appena operato” dice stanco ma calmo il chirurgo “sono il dottor Nevin primario del reparto, e ho condotto personalmente l’intervento. Oggi è il giorno di Natale, e ho lasciato liberi i miei aiuti.”

Interviene la madre ansiosa “com’è andata l’operazione?”

“Tutto bene signora, potete stare tranquilli, abbiamo rimosso l’ematoma che, come si sospettava, premeva sull’encefalo della signora causandole lo stato di incoscienza. Non abbiamo riscontrato altri problemi. Ora la terremo in coma farmacologico per quarantotto ore e poi, salvo complicazioni, ci sarà il risveglio.”

Edmond preoccupato “ci possono essere gravi complicazioni?”

“Non penso” afferma il medico con atteggiamento tranquillizzante “ma un’operazione di questo genere, pur semplice, è sempre un intervento delicato… A mio parere comunque potete stare tranquilli. Scusatemi ma ora devo andare, ho anch’io una famiglia in festa.”

Dopo aver ringraziato e salutato il chirurgo la sorella si rivolge a Steven “dottore, mi raccomando, non smetta di pregare San Giuda Taddeo finché Norma non si sarà ristabilita…”

Cap. 35 (1)

139

Giorno di Santo Stefano. Comando di Polizia di Bader Drive. Colloquio con l’ispettore Higgins. Circa 60 anni ben portati, di media altezza, capelli corti e brizzolati, aveva iniziato la carriera come poliziotto. Per diventare ispettore aveva studiato duramente. All’età di 42 anni il passaggio di grado. Molto sospettoso e meticoloso prende le decisioni con lentezza esasperante.

Dopo aver ascoltato pazientemente per circa mezzora, parla l’ispettore “dottor Anderson, quanto lei mi ha spiegato ha indubbiamente una logica e può generare dei sospetti nei confronti della “RogerSmithWillerInternational.” Ma mi permetta alcune domande. Intanto, posto che esista, come poteva il mandante dei rapinatori sapere che la sua ex-assistente si sarebbe vista con lei in quel locale, proprio quella sera? E che avrebbe portato la documentazione? Se poi quello era realmente il contenuto della borsa…”

“Evidentemente mi controllano la mail o il telefono. O entrambi!” Afferma convinto Steven.

“Queste intercettazioni, dottore, non sono così facile da farsi come lei può pensare…”

“E allora come lo spiega ispettore?”

“Sono solo sospetti, non c’è nessuna prova stando a  quanto lei mi dice…”

“E ciò che mi ha detto mio cugino? Intendo la segnalazione internazionale? Chi l’ha fatta? E perché?”

“Se c’è stata una segnalazione di quel genere posso provare a verificare. E se i suoi sospetti fossero veri mi chiedo perché tutto questo accanimento contro di lei…”

“Paul, il collega di cui le ho parlato, mi ha detto e ripetuto che ci sono in gioco molti soldi…”

“Beh… Indubbiamente questa è una motivazione che ci può stare. E poi, mi permetta un’altra domanda: può ripetere facilmente i suoi studi in qualsiasi laboratorio?”

Steven è risoluto “ispettore, è chiaro che potrei ripetere gli studi, ma ci vorrebbero mesi e una determinata sostanza organica che c’è solo nel Nord Italia… E infine un laboratorio specializzato, come quelli delle ditte farmaceutiche.”

“Capisco. Per ora mi limiterò ad appurare se c’è stata quella segnalazione. Mi dia un numero di telefono e la chiamerò io.”

“Ho già dato tutti i miei dati e il telefono agli agenti…”

“È meglio che mi dia direttamente il numero” Higgins guarda fisso negli occhi Steven “perché, come lei sa, ogni passaggio di informazioni può causare degli errori.”

“OK, le do il mio numero di telefono: 021664323.”

Cap. 36 (0)

149

La sera stessa, ore 23,40. Steven, addossato su di un fianco, è disteso sul suo letto con la testa appoggiata su due cuscini. Sta osservando l’immaginetta di San Giuda Taddeo che aveva messo sul comodino, e pensa “mah… Ci sarai davvero? Beh, se ci sei veramente dai una mano alla povera Norma…”

In quel momento squilla il telefono cellulare che aveva lasciato in bagno “chi sarà a quest’ora?” E si alza per andare a rispondere.

“Dottor Anderson? Sono l’ispettore Higgins” la voce è molto distorta da un forte rumore di fondo “volevo dirle che non c’è traccia della segnalazione internazionale di cui mi ha parlato. Quindi i suoi sospetti rimangono infondati e non ci sono motivazioni sufficienti per un’indagine.”

“Ma come??” Steven si agita “e allora mio cugino che lavora per l’Intelligence in Inghilterra?? Come si spiega ciò che mi ha detto??”

“Non so cosa dirle. Buonanotte.” E chiude la comunicazione.

Cap. 37 (2)

151

27 Dicembre. Pomeriggio inoltrato. Sala di aspetto del reparto di terapia intensiva del “Quay Park Surgical Centre.”

Steven è con i familiari di Norma, eccetto la madre che è già entrata nel reparto dopo che la figlia si è svegliata, e sta parlando con Edmond il quale, vedendo arrivare la moglie, esclama “dicci Mary, come va Norma?”

“É sveglia” la madre è commossa “mi ha riconosciuta immediatamente e mi ha parlato.”

“E cosa ha detto??” Esclamano contemporaneamente il padre e la sorella.

“Prima che aveva un dolore al capo” Mary guarda Steven “e poi mi ha chiesto di lei, dottore.”

Steven è un po’ imbarazzato. Continua la madre “io le ho detto che lei era qui in sala di attesa e Norma mi ha risposto che vuole parlarle.”

In quel momento si affaccia un infermiere “signori, i medici hanno prescritto non più di due visite per non affaticare troppo la ragazza. Chi entra?”

Parla Hillary “vada lei dottore, noi torneremo domani.” Steven è titubante “ma, veramente, forse sarebbe meglio che… Insomma… Siete voi i parenti stretti…”

“Vada pure dottore” dice Edmond “rispettiamo il desiderio di Norma.”

Steven varca la porta, indossa copriscarpe, copricapo, mascherina e camice sterili  poi, accompagnato dall’infermiere, entra nel reparto dei degenti fino alla stanza della ragazza.

Norma ha la testa in buona parte fasciata e varie flebo nelle braccia. Guardando negli occhi Steven, con un filo di voce, parla per prima “dottore, l’aspettavo, ho delle cose da dirle…”

Steven impacciato “Norma… Ma come sta? Quasi non la riconosco… Ma non intendo perché è così fasciata… Perché…”

Norma guardandolo ancor più fisso negli occhi lo interrompe parlando lentamente “ho un po’ di mal di capo… Ma visto quello che mi è successo penso che sia normale… Mi ricordo tutto: eravamo in pizzeria, poi sono entrate quelle persone e uno di loro mi ha trascinata a terra…”

“É andata così… Ma Norma, ascolti, mi dica: che cosa conteneva quella borsa che aveva con sé?”

Lei lo fissa con uno sguardo complice che Steven sostiene a fatica “avevo fotocopiato senza dirglielo tutte le sperimentazioni sulla Bufotossina a cui lei teneva tanto…” Lui si illumina “una copia c’è! Speriamo che la Polizia ritrovi la borsa!”

Norma si adombra “allora l’hanno presa!”

“Non si preoccupi Norma, adesso pensi solo a guarire.”

“Dottore, in questo tempo ho avuto un sogno ricorrente…”

“Un sogno? Che sogno?”

Si affaccia l’infermiere “tempo scaduto, ora la signora deve riposare. La prego di uscire.”

“Norma…  Devo andare… Si riprenda, ne parleremo ancora…”

“OK dottore, l’aspetto.”

Uscendo dalla stanza Steven pensa “incredibile, Norma sembra un’altra persona…”

Giunto nel reparto si accinge a parlare con i parenti quando squilla il telefono.

Guarda lo schermo ed esclama “scusate, è la polizia” e risponde allontanandosi di qualche passo.

“Dottor Anderson sono l’ispettore Higgins. Come le ho promesso ieri, le telefono per quella questione della segnalazione internazionale.”

“Ispettore, le ricordo che mi ha già telefonato ieri notte per informarmi.”

“Ieri? Ma se ho appena ricevuto l’informazione!”

“Era appena prima di mezzanotte!”

“Ma è sicuro? A parte il fatto che ero fuori servizio, ma a quelle ore non faccio questo tipo di telefonate!”

“Ma allora chi era?”

“Comunque sia, volevo confermarle che quella segnalazione esiste!”

Steven è frastornato “mio cugino aveva ragione! Cosa facciamo ora?”

“Mi lasci un po’ di tempo. Devo fare qualche altra verifica e poi ci vedremo al Comando. Le telefonerò per l’appuntamento.”

Mentre si avvicina al gruppo dei parenti sente la voce di Hillary “non avevo dubbi che San Giuda Taddeo l’aiutasse!”

“Scusate per la telefonata, ma in questo periodo stanno accadendo cose strane… Tornando a noi: nonostante l’operazione ho visto bene Norma… Abbiamo parlato per qualche minuto e…”

“Ci dica dottore” interviene il padre.

“Lei ha qualcosa di diverso… Mi guardava diritto negli occhi…”

“É vero” interviene la madre “anch’io, pur nella sua debolezza, l’ho vista stranamente decisa e sicura di sé… Sarà forse un effetto dell’anestesia? O degli altri farmaci?”

Steven si congeda “grazie per avermi fatto visitare Norma. Tornerò nei prossimi giorni. Tenetemi aggiornato. Grazie ancora, davvero.”

Terzo Anno

Cap. 38 (1)

157

12 Gennaio.

Reparto di Neurochirurgia del “Quay Park Surgical Centre.” Steven è nella stanza di Norma in orario di visita.

“Come le dicevo dottore, nel periodo del coma ho fatto un sogno ricorrente. Eravamo nel laboratorio. C’era Bufo che voleva uscire dalla sua vaschetta, che lei aveva appoggiato sul banco laterale di sinistra, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva. Poi lei lo prendeva delicatamente e lo porgeva al dottor Paul Ryan. A questo punto lei usciva dal laboratorio di corsa. Cosa vorrà dire?”

“Beh, Norma, effettivamente il laboratorio l’ho dovuto lasciare di corsa… E non proprio volontariamente! E su Paul non so cosa dirle… Invece io ho una bella novità! Un’ora fa sono stato contattato telefonicamente da una industria farmaceutica, e domani ho un appuntamento presso l’Hotel Hilton per il primo colloquio!”

Noma si illumina “glielo ho detto e ripetuto nei giorni scorsi che le cose si sarebbero risolte!”

Steven sorridendo “é vero… Non posso negarlo… Devo anche dirle, Norma, che dopo l’operazione la trovo cambiata… All’inizio pensavo fossero i farmaci… Invece vedo che, giorno dopo giorno, lei è così… così…”

“Non mi faccia arrossire dottore, se no ritorno come prima…”

“Appunto, adesso è così sicura, direi anche decisa… Comunque volevo dirle che, se non le da fastidio, ci potremmo dare del tu…”

Norma guardandolo negli occhi “nessun problema Steven… Ma se aspettavi ancora un po’… Te lo avrei chiesto io…! Da che azienda sei stato contattato?”

“Veramente il nome non l’ho mai sentito. Domani ti dirò.”

Cap. 39 (0)

163

Il giorno dopo. Hotel Hilton ore 10,30 sulla Quay Street. In una saletta riservata, a lato della reception.

Steven sta parlando con due persone di carnagione scura vestite elegantemente.

“Come le stava dicendo il mio collega, il signor Aziz, saremmo veramente lusingati se lei, dottor Anderson, accettasse di diventare un collaboratore della nostra Industria Farmaceutica.”

Steven, piuttosto dubbioso “mi avete detto che la Abufaishan Pharma Company ha sede in Iran?”

“Si” riprende il primo sorridendo “spero che questo non sia un problema per lei. La nostra azienda si occupa di farmaci, in modo particolare produciamo antinfiammatori e cortisonici. Siamo sicuri che, con il suo contributo, potremmo perfezionare i nostri prodotti e diminuire notevolmente gli effetti collaterali.”

“E comunque” interviene l’altro “se pensa che lo stipendio che le abbiamo offerto non sia sufficiente, possiamo riferire una sua eventuale proposta al nostro Consiglio.”

“Consiglio? No, direi che la retribuzione è ottima…” e pensa “quattro volte tanto il mio ultimo stipendio…” Continua “ma ditemi, come mai vi rivolgete a me? Chi vi ha segnalato il mio nome?”

“Dottor Anderson, siamo nell’ambiente. Sappiamo della sua bravura come sperimentatore… E anche che, in questo momento, è libero.”

“Se dovessi accettare, dove dovrei lavorare logisticamente?”

“Dottore, a causa degli embarghi che colpiscono ingiustamente la nostra Nazione, è difficile avere in Iran dei laboratori ben attrezzati. Invece abbiamo degli ottimi laboratori in Indonesia.”

“Dovrei andare a sperimentare in Indonesia?”

“Ovviamente tutte le spese, anche di viaggio, sarebbero a nostro carico. L’Indonesia è più vicina alla Nuova Zelanda di quanto si pensi, poche ore di aereo. Se vorrà, potrà tornare a casa anche tutti i week-end. Ci vuole pensare qualche giorno? Le telefoneremo verso fine settimana.”

“OK, ci penserò.”

I tre si stringono la mano e si lasciano.

Dopo che Steven è uscito dalla saletta i due si parlano in arabo.

“Pensi che accetterà?”

“Se è volontà dell’Onnipotente Allah accetterà e aiuterà la nostra gloriosa Nazione nella lotta contro i sionisti e gli imperialisti!”

Cap. 40 (2)

167

Reparto di Neurochirurgia del “Quay Park Surgical Centre.”

“Con sede in Iran?” Norma è perplessa “ma Steven, non mi avevi detto che in Inghilterra eri stato perquisito perché c’era una segnalazione internazionale come sperimentatore di armi batteriologiche?”

“Anch’io ho avuto subito questo pensiero… Forse gli iraniani hanno intercettato la segnalazione e hanno pensato che fossi davvero uno sperimentatore di armi batteriologiche… E poi sto aspettando di andare a parlare con l’Ispettore Higgins perché sta indagando su quella maledetta segnalazione!”

“Se posso darti un consiglio, Steven, stai attento.”

“OK, Norma. Pensa che mi hanno offerto uno stipendio da favola…”

“Allora devi stare ancora più attento!”

“Certo che, quando ci si trova nel bisogno, certe proposte si fa fatica a rifiutarle…”

“Steven, ti ricordi di quell’immaginetta che ti ha dato mia sorella?”

“Certo, ce l’ho sul comodino.”

“Allora sono sicura che avrai altre chance…!”

Steven e Norma si salutano guardandosi profondamente negli occhi.

Cap. 41 (1)

173

Fine Febbraio. Sala da pranzo, casa di Norma. Tutta la famiglia sta mangiando con Steven.

Hillary “come vede dottor Anderson, la mia cara sorellona si è ripresa. Anzi, direi che non è mai stata così bene…”

Norma un po’ in difficoltà “e dai, sorellina, fai la brava, prima o poi il pulcino deve uscire dal guscio…”

“Per fortuna che il guscio non si è rotto troppo” interviene il padre con tono scherzoso annuendo alla testa di Norma.

“Direi che c’è stato un giusto scossone. Ma quanta paura!” dice la mamma servendo una minestra “preferisco altri metodi meno cruenti…”

Hillary “un tempo c’era l’elettroshock…”

“Va bene carissimi, ma ora parliamo di cose più interessanti” Norma è dolce e decisa “Steven, ieri hai parlato con l’Ispettore Higgins. Ti ha detto se le copie delle sperimentazioni sono state trovate?”

“Non credo, se no me lo avrebbe riferito. E i rapinatori non sono stati neppure arrestati. E nemmeno individuati!”

“Se non c’è il segreto di Stato” interviene il padre Edmond “possiamo sapere come vanno le indagini?”

“Higgins ha confermato la segnalazione internazionale su di me come sperimentatore potenzialmente pericoloso e che, con ogni probabilità, sono stato intercettato telefonicamente. Purtroppo le sue indagini si sono arenate perché, almeno così dice, a certi livelli di Intelligence a lui non è concesso indagare.”

“Pensi di essere ancora intercettato?” chiede Hillary.

“Non credo: ho cambiato la scheda e il numero di telefono. E poi anche se mi intercettassero troverebbero…” Steven guarda Norma.

“Troverebbero??” la sorella con curiosità.

“Troverebbero tante telefonate con la mia ex-assistente di laboratorio. Tutto qui.”

“Dottor Steven” riprende Hillary “le consiglio di cambiare anche il suo iPhone: potrebbero averci messo una microspia e, anche adesso, magari ci stanno ascoltando!”

Norma con voce seria “dici davvero Hillary?”

“Ma certo, lo sanno tutti che è possibile. Se qualcuno ha avuto accesso all’iPhone del dottore…”

“Allora lo farò controllare. E poi, lasciamo stare “il dottore.” Per favore chiamatemi tutti Steven, vero Norma?”

Lei questa volta abbassa gli occhi e diventa rossa come un tempo, ma si riprende quasi subito “Si… Volevo dirvi che… Insomma… Che io e Steve…”

“Vi siete fidanzati!?” Esclama Hillary.

“Forse è una parola che non si usa più, però noi siamo un po’ all’antica e vi vogliamo comunicare ufficialmente che ci vogliamo bene e che…”

“Ma Norma” esclama Edmond con falsa severità e abbozzando un sorriso “proprio un disoccupato mi dovevi portare in casa?”

“Papà, come ben sai Steven è veramente il primo uomo che, come dici tu, ti porto in casa, ma presto risolveremo anche questo problema!”

“Lo sai che stavo scherzando…” il padre sorride guardando prima la figlia e poi Steven “sono sicuro che troverete la soluzione.”

La madre Mary annuisce contenta.

Cap. 42 (3)

179

La sera. Steven sta osservando sospettoso l’iPhone che tiene nella mano sinistra.

Apre la porta di casa, entra, prende dal cassetto del mobiletto dell’ingresso una piccola borsa con dei ferri da lavoro, si siede al tavolo del soggiorno ed apre il cellulare.

Dopo aver smontato tutto ciò che era possibile ed aver osservato attentamente ogni pezzo, si accinge a rimontare il telefono, quando sente un rumore sordo provenire dalla camera da letto. Steven si irrigidisce guardandosi attorno alla ricerca di un oggetto per difendersi. Non trovando niente, afferra un piccolo cacciavite che aveva appena usato, si alza lentamente e, senza fare rumore, si dirige verso la porta della camera da letto. La tensione nervosa è al massimo. Tumultuosamente pensa “devo telefonare alla Polizia! Accidenti il telefono è smontato! Entro o non entro?!” E sente un altro rumore. “Maledizione. Sarà la finestra aperta??” Guardando sotto la porta vede un bagliore che cambia di intensità. “Meglio andare fuori di casa! Se sono più di uno qui va a finire male! Devo uscire e chiamare la Polizia dai vicini!” Percepisce un fruscio alle sue spalle, cerca di voltarsi di scatto ma scivola su un tappetino, sente un tremendo colpo alla testa, vede tutto nero e sviene.

Cap. 43 (2)

181

Dopo un istante Steven, come se stesse galleggiando sopra il tetto, vede la sua casa giù in basso… Alcuni passanti camminano sul marciapiede… Punta lo sguardo sulla casa e, inspiegabilmente riesce a vederne l’interno… Ecco l’ingresso… Il soggiorno con l’angolo cottura… Il bagno… Il suo corpo disteso a terra con un individuo a fianco mascherato che impugna un oggetto, simile a un corto manganello. La camera contiene due persone che vi rovistano. Steven si mette ad urlare: “Aiuto!! Ci sono i ladri in casa mia!!” Ma capisce che nessuno, tanto meno i tre individui, sentono la sua voce. Il suo sguardo si allarga all’esterno della casa, vede le case vicine, alcune persone che passeggiano sui marciapiedi e prova di nuovo ad urlare. Nessuno da il minimo segno di udire… Ma ecco che, improvvisamente, si sente innalzare a una velocità fortissima verso alto… Guarda in basso e vede che tutto rimpicciolisce… La Nuova Zelanda è come una grande isola… Poi si sente trascinare verso l’Africa, che intravede e sorpassa, ecco il Mar Mediterraneo, poi la Francia, l’Italia. Percepisce che si sta abbassando… Vede il Nord Italia, alcuni laghi e fiumi e infine ecco la Valsesia, il Lago di Sant’Agostino… Sia abbassa ancora, è quasi a terra sul bordo del lago, vede un rospo che riconosce ed esclama: “Bufo, ma sei proprio tu?!” L’animale lo guarda, alza la testa come se volesse rispondere, ma tutto sfuma e Steven perde conoscenza.

Cap. 44 (1)

191

Ospedale “Quay Park Surgical Centre.”

Corridoio del Pronto Soccorso. Norma con i genitori e due poliziotti in attesa.

Mary “Non so più cosa pensare… Che periodo…  Questo ospedale ormai lo sogno anche di notte.”

“A chi lo dici mamma” dice Norma preoccupata “speriamo almeno che Steven se la cavi senza interventi chirurgici…”

Edmond si rivolge ai poliziotti “secondo voi cosa è accaduto?”

“Come sa, dopo la segnalazione di sua figlia, siamo entrati nella casa del signor Steven Anderson dalla finestra aperta della stanza da letto e abbiamo trovato il signor Anderson a terra svenuto.”

“C’erano segni di scasso?” chiede Norma.

“Apparentemente nulla di anomalo, eccetto il cellulare smontato sul tavolo del soggiorno. Comunque l’Ispettore Higgins, per ora, ci ha detto di rimanere.”

Norma al padre “Steven mi ha detto più di una volta che spesso al mattino si dimenticava di chiudere la finestra della stanza da letto… E l’iPhone smontato… Mah… Avrà preso sul serio le parole di Hillary? Forse stava controllando il telefono…”

Esce una dottoressa da un ambulatorio e tutti si avvicinano a lei.

“Potete stare tranquilli” esordisce “il signore si è risvegliato e sembra che tutto sia a posto. Per sicurezza aspettiamo il referto della TAC e, se non risultano complicazioni, domani ci sarà la dimissione.”

Norma, in modo particolare, sorride e si rilassa.

Cap. 45 (0)

193

Tarda mattinata del giorno dopo. Ospedale “Quay Park Surgical Centre.

L’Ispettore Higgins entra in una stanza. Steven, con un grossa contusione sul capo è ormai pronto per la dimissione.

“Ispettore, aspettavo la sua visita. I due agenti mi hanno preavvisato.”

“Come sta dottor Anderson?”

“Come vede Ispettore sono stato percosso!”

“Mi spieghi cosa è successo” dice Higgins sedendosi lentamente su una sedia.

“Stavo verificando in soggiorno il mio cellulare quando…”

“Mi scusi, ma cosa intende per verificare?”

“Lei sa cosa mi è successo Ispettore, e dunque volevo essere certo che nel mio telefono non ci fosse una cimice o qualcosa del genere.”

“Ah, ho capito” Higgins ha uno sguardo un po’ perplesso “continui pure.”

“Ad un certo punto ho sentito un rumore in camera da letto, mi sono avvicinato e ho visto, sotto la porta chiusa, una luce che si muoveva.”

“Potevano essere le luci di un’auto, visto che lei abita al piano terra?”

“Ma no, era la luce di una torcia!”

“Vada avanti.”

“Allora ho capito che era meglio uscire di casa e chiamare la Polizia dai vicini, visto che il mio telefono era ancora smontato, quando ho sentito un rumore alle spalle. Ho fatto per voltarmi, sono scivolato, e poi mi ha colpito alla testa.”

“Ha detto che è scivolato? Forse nella foga ha battuto il capo contro il muro o qualche mobile?”

Steven è spazientito “Ispettore Higgins, e se le dicessi che i ladri erano tre e che li ho visti?”

“In che momento li ha visti?”

Steven si blocca.

L’ispettore lo guarda dritto negli occhi “non abbia paura, parli pure liberamente.”

“Lo so che non è una prova valida” emettendo un forte sospiro “ma quando ero svenuto mi sono visto dall’alto, da sopra il tetto.”

“Da sopra il tetto??” Higging strizza gli occhi e sorride.

“Si! Si! Da sopra il tetto riuscivo a vedere dentro casa! Ma lei non ha mai letto dei casi di pre-morte, che sopravvivono e riferiscono esperienze particolari?”

“Qualcosa ho sentito, però non mi sembra che lei sia stato vicino alla morte… Comunque, che cosa ha visto?”

“Ho visto l’individuo che mi ha colpito, era vicino al mio corpo con in mano una specie di manganello e poi altri due che frugavano nella stanza da letto!”

“Li ha riconosciuti?”

“No, erano mascherati con delle calzamaglie!”

“E, visti i suoi precedenti, ha qualche sospetto?”

“Si, o erano gli iraniani o gli emissari della ­­­­­“RogerSmithWillerInternational!”

“Scusi? Ha detto iraniani?” Higgins è sempre più perplesso.

“Deve sapere che ho avuto una proposta di lavoro da un’Azienda Farmaceutica Iraniana. Credo che gli iraniani abbiano intercettato quella segnalazione di cui lei sa e, pensando che io sia stato veramente un ricercatore infettivologo, volevano assumermi per quel tipo di studi. Pensi che volevano andassi a lavorare in Indonesia!”

Higgins arricciando un po’ il volto ripete “in Indonesia…”

“Ma io ho rifiutato e, forse, loro sono venuti a cercare le mie sperimentazioni che però sono tutt’altra cosa. Potrebbe essere!”

“Mah… Una logica c’è… Però…”

“Lo so che non è facile credere a quello che dico… E poi sono stato portato sopra l’Italia e…” Steven si interrompe bruscamente capendo che era meglio se taceva quel particolare.

Higgins sempre più scettico “ha visto l’Italia dall’alto?”

Steven imbarazzato “lasciamo stare… Non penso sia utile per le indagini… Però era tutto più reale della realtà!”

“Facciamo così” dice l’Ispettore con fare benevolo “domani venga al Comando e mi faccia avere appena possibile tutti i dati di questa Azienda Farmaceutica iraniana e di chi l’ha contattata. Controlli anche se manca qualcosa dalla sua abitazione.”

“Quando venite a rilevare le impronte digitali?” Chiede Steven speranzoso.

“Impronte digitali?” Dice ridacchiando l’Ispettore “non siamo in un film poliziesco americano!” E, mentre sta uscendo dalla stanza “dottore, le abbiamo chiuso la finestra della camera da letto che aveva lasciato aperta, visto che gli agenti non hanno trovato segni di scasso. Arrivederci.”

“Non mi ha creduto…” pensa Steven deluso.

Cap. 46 (2)

197

Mezz’ora dopo. Norma sta guidando l’auto e Steven è al suo fianco.

“Invece io ti credo, Steven” mormora Norma voltandosi e guardandolo dolcemente “qualche anno fa ho letto un libro molto convincente su persone che hanno subito gravi incidenti o arresti cardiaci che, quando ritornano coscienti, raccontano di esperienze simili alla tua.”

“Grazie, Norma…”

“Ma dimmi, non hai imboccato un tunnel con una luce dall’altra parte? E poi ti sei sentito risucchiare indietro? Oppure non hai parlato con persone già morte?”

“No, come ti ho detto, prima mi sono visto dall’alto, poi i tre individui, poi l’Italia e Bufo…”

“Allora cerca di ricordare qualche particolare della tua casa che era possibile vedere solo dall’alto, così, magari, ti crederà anche l’Ispettore.”

“Buona idea! Il tetto della casa era scuro… Ci penserò.”

L’auto si ferma davanti alla casa di Steven.

Cap. 47 (1)

199

Il giorno dopo. Comando di Polizia di Bader Drive.

L’Ispettore Higgins “dottore, abbia pazienza, ma l’Industria Farmaceutica di cui mi ha inviato il nominativo, la Abufaishan Pharma Company, semplicemente non esiste.”

“Ma se…”

“Dopo le varie cose che le sono successe” Higgins con voce suadente “forse sarebbe bene fare una conversazione con un buon psicologo.”

“Pensa che abbia le allucinazioni? Io quelle persone le ho viste e ci ho parlato all’Hotel Hilton!”

“Anche all’Hotel Hilton non ci sono tracce… Nessun Aziz è stato registrato… Non ho detto che lei ha le allucinazioni, però, riconoscerà che vedersi dentro casa da sopra il tetto non è così frequente…”

Steven pensa “era meglio non dirglielo.”

“Mi ascolti dottore, vada un po’ al mare, cerchi di stare lontano da Auckland per qualche tempo e tutto si risolverà. Pensi anche a quel colloquio di cui le ho detto.” L’Ispettore accompagna Steven alla porta, si salutano, e ritorna alla scrivania.

Cap. 48 (0)

211

Ore 22.50. Steven è nel suo letto.

Prende l’immaginetta di San Giuda Taddeo, osserva il volto, la fiammella alla sommità del capo, la medaglia sul petto che il Santo sorregge con la mano destra e, improvvisamente, allarga gli occhi e  gli si illumina il volto.

“Eureka! Ci sono! I bidoni della differenziata dei Carson! Ma come ho fatto a non pensarci subito! Nel retro della loro casa non ci sono mai stato eppure li ho visti benissimo dall’alto dietro la siepe! Erano sei e uno di colore diverso! Domani telefono all’Ispettore e glielo dico. Faremo insieme un sopralluogo, una sorta di incidente probatorio.”

Steven appoggia l’immaginetta del Santo sul comodino, lo guarda con spirito di  ringraziamento, mette il capo sul cuscino e si addormenta soddisfatto.

Cap. 49 (2)

223

Il giorno dopo.

Un gruppetto di persone, tra cui Norma e la sorella Hillary, staziona davanti alla casa confinante a quella del Dottor Anderson. Il cancelletto è aperto.

“L’Ispettore Higgins era impegnato e ha mandato me per questa verifica” dice l’agente Stone con un sorrisetto ironico.

Steven un po’ contrariato “ricapitoliamo: io non sono mai andato sul retro dell’abitazione della famiglia Carson, vero John?”

John e la moglie Ellen annuiscono.

Continua Steven “ma io ho visto dall’alto che, nel retro della loro casa, dietro alla siepe ci sono i bidoni della differenziata. E che erano sei.”

“Tutti ne hanno sei” interviene l’agente Stone.

“Si, però io ho visto che uno era di colore diverso!” E guardando John ed Ellen “possiamo andare a verificare?”

Hillary mormora a Norma “come sono agitata, mi sembra di essere in un film!”

Il gruppetto entra dal cancello e si porta sul retro della casa.

Cap. 50 (1)

227

Dopo un’ora. Comando di Polizia di Bader Drive.

“Effettivamente uno dei sei bidoni era di colore diverso” dice l’agente Stone all’Ispettore Higgins.

“Possiamo essere sicuri che veramente l’Anderson non sia mai stato sul retro della casa dei vicini?Higgins è dubbioso.

“I vicini affermano che il dottor Anderson è entrato solo una volta in casa loro senza fare il giro della villa e del giardino…” Stone altrettanto dubbioso.

“Magari ci è stato la notte scorsa, bisogna aspettarsi di tutto dalle persone instabili.”

Stone annuisce.

“Agente, in quella zona il materiale differenziato come lo raccolgono? Direttamente dai bidoni o nei sacchi?”

“Mi informo.”

“Cerchi anche di capire se, in qualche modo, si riesce a vedere dall’esterno attraverso la siepe.”

Contemporaneamente, nella casa di Steven.

“Avete visto anche voi con i vostri occhi! I bidoni erano sei e uno di colore diverso!!” Steven è euforico “devo ammettere che anch’io ho avuto dei dubbi sulla visione dall’alto. Ma ora sono sicuro! Al cento per cento! E ho rivisto anche Bufo!”

“Fantastico” Hillary molto partecipe “si potrebbe fare un film!”

Norma “io ti ho creduto fin dal principio, però non mi sembra che l’agente sia rimasto particolarmente colpito.”

Steven risoluto “colpito o non colpito l’Ispettore Higgins dovrà ricredersi. E lo racconterò anche a Paul e Martha che non sento da un bel po’ di tempo!”

“Steven” Norma con un sorriso “ricordami che ho una cosa importante da dirti.”

Cap. 51 (0)

229

La sera stessa, a casa di Steven, durante la cena.

Norma, decisa ma con dolcezza “oggi hai citato Paul e Martha, penso sia venuto il momento di dirti una cosa… Però ci devono essere anche loro. Non ti spiace se li chiamo e li faccio venire?”

“Se lo ritieni utile… Saranno liberi?”

“Certamente.”

“Questa mi sembra una congiura…” Steven scherzando.

Dopo la telefonata Norma riferisce che i due arriveranno verso le 21.

Suona il campanello.

“Sono in anticipo, sono le 20.40” esclama Steven. Va ad aprire la porta e, con cortesia, fa entrare Martha e Paul.

Dopo averli fatti accomodare con i convenevoli di rito Steven arriva al punto.

“Se non ho capito male ci sono delle novità. Mi dovete dire qualcosa, o sbaglio?”

“Inizio io” interviene decisamente Norma “Steven tieniti: ti ho trovato lavoro!”

“Davvero?! Grande, Norma!” E, strizzando un po’ gli occhi “ma per dirmelo devono esserci anche Paul e Martha?Di che lavoro si tratta?”

Norma è raggiante “praticamente lo stesso di prima!”

Interviene Martha sorridendo “e con la possibilità di continuare le sperimentazioni sulla Bufotossina.”

“Ma, dove??”

Norma “in Italia! Più precisamente nel Nord Italia, a Milano.”

“In Italia? Ma come è possibile?” Steven è stupito.

Paul “Norma che, come sai, è molto motivata per te, ha trovato tramite Internet una grossa Azienda Farmaceutica italiana alla ricerca di sperimentatori con le tue caratteristiche di curriculum. Poi, io e Martha abbiamo perfezionato la domanda. Ora tocca a te dare la conferma e firmare il contratto. C’è da dire che lo stipendio è un po’ inferiore, ma abbiamo contrattato in cambio la possibilità dell’uso del laboratorio per gli studi sulla Bufotossina.”

Steven è entusiasta ma subito si rabbuia “però devo ricominciare tutto da capo… Ci vorranno mesi e mesi… E poi, tu, Norma… Come faremo?”

“Calma Steven, una cosa alla volta” interviene Martha con fare un po’ misterioso “adesso ti dobbiamo svelare un segreto. Spero ci comprenderai. Sospettando quel che sarebbe successo o anche peggio, con la complicità di Norma, abbiamo continuato nei momenti liberi i tuoi studi con altri rospi Valsesiani.”

“Rospi Valsesiani? Ma dove li avete trovati?”

“Dove? In Valsesia!”

“Ma allora eravate andati davvero in Valsesia!?”

“Certo! Conoscendoti bene, quando ci hai interrogati abbiamo… Diciamo… Divagato, perché ti saresti arrabbiato e non avresti capito. Ma, ritornando alle sperimentazioni sulla Bufotossina, penso che abbiamo fatto dei passi avanti, ora tocca a te, ci vuole il tuo istinto per portarli a termine!”

Steven guarda Norma con tristezza “e come faccio senza di te?”

“Perché senza di me? Verrò anch’io! Ieri mi sono licenziata dalla “RogerSmithWillerInternational.” L’Azienda Farmaceutica Italiana cercava anche assistenti di laboratorio e… Io lo so che tu non puoi lavorare senza un’assistente come me! Vero?”

“Ma, se partiamo? La Polizia sta indagando sulle mie denunce!”

Paul serio “caro Steven, te lo dico ancora una volta: quando si toccano certi interessi anche la Polizia fa fatica. È meglio dare un taglio netto a tutto. Anche se tu farai il percorso opposto visto che, di solito, sono gli italiani che vengono a lavorare in Nuova Zelanda!”

“Non hai tutti i torti Paul, Norma lo dice sempre: se si vuol fare qualcosa di buono si paga di persona… Ed anche che, colui che ha fatto le cose migliori, ha pagato per tutti… Però, l’idea dell’Italia mi alletta di più dell’Indonesia! E mi pare che Milano non sia molto lontana dal lago dove c’è Bufo!”

Norma sorride.

Cap. 52 (2)

233

Un mese dopo. Aeroporto di Internazionale di Auckland.

Dopo il check-in ed aver salutato con baci ed abbracci i parenti con Paul e Martha, Steven e Norma entrano nella zona riservata ai passeggeri.

Salgono sull’aereo che decolla dopo 12 minuti. Osservando le case che rimpiccioliscono sempre più, Steven esprime un pensiero ad alta voce “Bufo… Lo vedremo?”

Risponde Norma “se anche non lo troveremo, lo rivedremo ancora nei nostri sogni… Ne sono sicura!” Continua “come sarà la città di Novara dove abbiamo trovato casa?”

“A vedere i siti Internet è carina, e poi è circa a metà strada tra Milano e il nostro Lago. Norma, abbiamo iniziato il mese di Aprile. Quand’è il giorno di Pasqua quest’anno?

“Cade domenica 24. Perché?”

“Che fortuna, la domenica non lavoriamo. Mi sono ricordato che la guida Valsesiana mi aveva detto che la fregola dei rospi avviene nei giorni attorno alla Pasqua. Potremmo andare a vedere cosa succede. Che ne dici?”

“Certo. È una buona idea.” Con un sorriso “Steven, la Pasqua è sempre di domenica. Avremo tantissime cose da fare… E da imparare…”

Quarto Anno

 

Cap. 53 (1)

239

Mese di Marzo dell’anno successivo. Steven e Norma hanno appreso discretamente l’italiano.

Norma “sotto la voce -fotografie-rospi-valsesia- ho trovato dei rospi molto interessanti, pensa che hanno una doppia fregola. Oltre che in primavera anche in autunno.”

“Davvero?”

“Si, e pensa che sono a Borgosesia, quella cittadina in cui passiamo quando andiamo al nostro Lago.”

“Ricordo. Potremmo andarli a vedere. C’è un numero di telefono o una mail?”

“Sono nel sito di una Casa di Accoglienza…”

“E che cosa è?”

“Non ho capito bene perché è tutto in italiano, ma penso sia un luogo dove risiedono mamme con i loro figli quando ci sono dei problemi familiari. Forse è un’attività Pro Life.”

“Mi fai vedere le foto dei rospi?”

Norma clicca su www.casamammabambino.it/wp/?page_id=69&album=2&gallery=27 ed ecco che appare un enorme rospo con varie sfumature di colore, dal marrone chiaro al rosso ocra.

“Accidenti. Veramente impressionante! In tutte quelle ghiandole non manca certo la bufotossina! Ma, Norma, cosa c’entra questa Casa di Accoglienza con i rospi?”

“Mi sembra che lassù abbiano un laghetto con vari tipi di pesci dove, evidentemente, i rospi della zona vanno a procreare.”

“Può essere. Prova a chiamare.” E, con fare riflessivo “chissà, ormai siamo ad un passo dal dimostrare sperimentalmente che la bufotossina idrossilata ROH dei rospi valsesiani inibisce definitivamente il virus dell’AIDS. Forse questa varietà potrebbe contenere una bufotossina con un potenziale maggiore.”

Norma compone il numero trovato sul sito, lo 0163.21486. Subito risponde una voce giovane e vivace “Casa di Accoglienza, io sono Cristina, una educatrice professionale.”

Norma spiega la richiesta di poter vedere i rospi.

“Per questa questione un po’ particolare deve telefonare a don Gianni, è lui che si occupa dei laghetti. Ma… Aspetti un attimo… Lei è fortunata, vedo che don Gianni sta entrando in questo istante dalla porta di ingresso con don Stefano, glielo passo subito.”

Norma e don Gianni prendono un appuntamento per il tardo pomeriggio del lunedì successivo presso la Casa di Accoglienza

Cap. 54 (0)

241

Borgosesia, frazione Valbusaga, ufficio della Casa di Accoglienza ore 15,30.

Siamo stati fortunati a prendere ben tre rospi” dice Steven con il suo accento straniero.

“In questa stagione è abbastanza frequente la visita dei rospi nei nostri laghetti. Ma ditemi, se non ho capito male voi venite da molto lontano” in quel momento si apre la porta ed entrano in ufficio la coordinatrice Daniela con l’educatrice Annalisa. Continua don Gianni “forse l’ufficio non è il luogo ideale per conversare.” E rivolgendosi alle educatrici “Daniela ed Annalisa: abbiamo due ospiti che vengono da molto lontano, anche se non ho ancora ben capito da dove!”

Dopo le presentazioni interviene Daniela “se volete parlare con maggiore tranquillità ora è libera la zona volontari. Abbiamo appena finito il colloquio con le assistenti sociali.”

“Va bene” dice don Gianni rivolgendosi scherzosamente a Steven e Norma “ho capito che qui non ci vogliono, ma prima visitiamo la Casa di Accoglienza.”

Passando a lato della cucina “quella persona che avete visto scattare è la cuoca Patrizia, la cuoca più veloce del mondo! E cucina anche molto bene!”

Dopo la visita del piano terra scendono al semi-interrato ed entrano nell’asilo. Norma si mostra subito molto interessata vedendo la zona con i bimbi più piccoli.

Don Gianni chiama una educatrice che stava accudendo i bambini con le volontarie Eliana e Carla “Melissa, ci dici qualcosa di questo settore?”

Norma fa molte domande a cui l’educatrice risponde in modo chiaro e preciso, ma senza distogliere lo sguardo dai bambini. Intanto il gruppo si sposta nell’area dei bimbi più grandi dove sono all’opera l’educatrice Carola e l’ausiliaria Gentiana. Qui, le voci dei tanti bambini più grandicelli si fanno più forti. Ma Norma non desiste e continua imperterrita nelle sue domande finché interviene don Gianni “mi sembra di capire che lei è molto interessata all’attività, e noi siamo sempre alla ricerca di volontarie.”

“E di volontari?” chiede Steven.

La risposta viene da una voce alle spalle del gruppo “si, abbiamo bisogno di uomini autisti, oppure che aiutino il Tino nei lavori di manutenzione.”

“Vi presento il dottor Nicolino” dice don Gianni voltandosi “è un socio fondatore, un medico un po’ psicologo che si occupa in modo particolare della supervisione delle dipendenti. Ed ecco l’altro medico della struttura, il dottor Ruga. I due dottori sono sempre assieme per parlare delle loro cose mediche! E spesso non si accorgono dello scorrere del tempo…”

Finita il tour della Casa, incontrate le educatrici Vania, Elisa e altre volontarie, tra cui alcune giovanissime come Giorgia e Andrea che, con Riccardo alla chitarra, facevano cantare i bambini, i tre entrano in una zona riservata.

Qui c’è il Maresciallo!” e, rivolgendosi alla persona che stava scrivendo su alcune tabelle “Maresciallo, non le spiace trasferirsi nella stanza in fondo al corridoio. Io avrei un colloquio.”

“Obbedisco don Gianni” afferma il Maresciallo in tono scherzoso alzandosi e radunando le sue carte.

Continua don Gianni “é il marito di Eliana, che avete conosciuto prima. È un maresciallo dei Carabinieri in pensione che si occupa di faccende burocratiche. Ma torniamo a noi. Questo è un appartamento per colloqui privati. Ci sono anche le stanze, dove dorme il personale, e la Cappella di San Giuda Taddeo. Qui preghiamo tutti insieme la domenica sera alle ore 21.”

Immediatamente Norma e Steven hanno un sussulto.

“Ho detto qualcosa di strano?” chiede don Gianni guardandoli.

Norma “veramente noi, con San Giuda Taddeo, abbiamo una relazione molto stretta!”

“Allora capisco. Non siete qui per caso. Vedo che San Giuda è sempre all’opera!”

Dopo circa mezz’ora di dialogo sugli scopi ed il funzionamento della Casa di Accoglienza, Norma si rivolge a don Gianni “ora vorrei farle una domanda come sacerdote cattolico. Innanzitutto anch’io sono cattolica e praticante. Steven invece è stato battezzato nella Chiesa Anglicana Neozelandese. E, praticante, non lo è molto…”

Interviene Steven “è vero, ma Norma con la sua famiglia e San Giuda Taddeo, mi hanno fatto venire il desiderio di approfondire la fede religiosa.”

Norma “…e poi vorremmo sposarci davanti a Dio.”

“Siete mai stati spostati prima?” Don Gianni è chiaro e deciso “intendo, con altri? No? Bene! Allora si può pensare ad un matrimonio misto. Questa forma di matrimonio dovrà essere autorizzata dal Vescovo del luogo dove avete la residenza.

“Noi abitiamo a Novara.”

“Ok. Ma prima Norma dovrà accettare alcune condizioni.”

“Tipo?” chiede Steven incuriosito.

“Ad esempio deve promettere di fare quanto è in suo potere per battezzare e crescere i figli nella fede della Chiesa Cattolica. Lei, Steven, deve sapere che Norma si prende questo impegno.”

“Visti i risultati” afferma sorridendo Steven guardando Norma “penso che non mi opporrò.”

“E comunque, ci vuole una buona preparazione sul matrimonio cristiano e gli impegni che comporta.”

“Ci potrebbe preparare lei? E magari anche sposarci?” chiede Norma.

“Se siete veramente interessati ne riparleremo con calma in un colloquio specifico. Così mi racconterete anche la vostra storia” conclude don Gianni.

Cap. 55 (2)

251

Tardo pomeriggio. Norma e Steven stanno percorrendo la circonvallazione di Romagnano Sesia in direzione Novara. Un secchio posato sul sedile posteriore contiene i tre rospi catturati nel laghetto della Casa di Accoglienza, i quali pigolano come pulcini.

Squilla un cellulare. Steven attiva l’auricolare e risponde.

“Chi? Kate?! Che sorpresa! Da quanto tempo! A cosa devo questa chiamata?”

“Sai Steven, in giro si parla molto di te…”

“E cosa si dice?”

“Che stai diventando famoso con le tue sperimentazioni…”

“Effettivamente abbiamo fatto dei progressi straordinari. Direi che ci siamo. E tu? Come te la cavi?”

“Beh, in questi anni ho fatto qualche esperienza… Ma, se devo essere sincera, un altro come te non l’ho più trovato…”

“Kate… Sarò sincero anch’io. Ti devo dire che ora il mio cuore batte per Norma. Penso che presto ci sposeremo in Italia!”

“Norma!? Ma non era la tua assistente? Quella timidissima che non parlava?”

“Si, proprio lei, ma ora parla, e tra noi parliamo spesso anche di Bufo!”

“Di cosa parlate?”

“Del mio rospetto, a cui tu non volevi molto bene! Ricordi?”

“Steven…  Ti sento diverso…”

“Lo sono davvero. Addio Kate. Buona fortuna.”

E Steven chiude la telefonata mentre Norma lo fissa con sguardo interrogativo.

Cap. 56 (1)

257

Mese di Settembre.

Sabato ore 11.

Lago d’Orta.

Santuario “Madonna della Bocciola” in Vacciago.

Giornata fresca e limpida, la vista sul lago è semplicemente meravigliosa.

Steven e Norma si sposano.

Celebra don Gianni.

Sono presenti i familiari di Norma, i cugini di Steven, Paul e Martha.

La bella cerimonia è animata nei canti dal “Saint John Gospel Choir.”

Pranzo all’Hotel “Battle of Britain”, giusto in fondo al piazzale del Santuario.

 Poi il viaggio di nozze.

La prima tappa è il Lago di Sant’Agostino a Roccapietra.

Cap. 57 (0)

263

Novembre. Valbusaga di Borgosesia. Casa di Accoglienza.

“Presto che è tardi!” scherza il dottor Nicolino scendendo le scale con Norma “non è stato facile ma ce l’abbiamo fatta!”

“Allora Norma te la sei cavata: hai superato l’esame del dottore! Ora puoi fare la volontaria qui da noi!” dice don Gianni che aveva da poco concluso il colloquio con Steven.

“ Si, ma che fatica. Questo dottore scava veramente a fondo! E Steven?”

“Ce l’ha fatta anche lui” dice sorridendo don Gianni “in fondo è un bravo ragazzo!”

“Norma” interviene il dottore “scenda con me in asilo, è ora di iniziare. Don Gianni, chiama il Tino e affidagli Steven come aiuto per i lavori di manutenzione.”

Mentre Norma e il dottore varcano la porta dell’asilo lei sbianca in volto, si appoggia al braccio del dottore e gli sussurra “…mi sento male… forse svengo… ho anche una nausea fortissima…”

Il dottore la sostiene e l’accompagna nell’ambulatorio che si trova giusto a pochi metri.

Cap. 58 (2)

269

Un’ora dopo nell’ufficio della Casa di Accoglienza.

Il dottor Nicolino a don Gianni “la nostra nuova volontaria ci ha fatto una bella sorpresa! È in dolce attesa. Il test di gravidanza che le ho fatto fare parla chiaro.

Non dirmi!” Don Gianni è stupito “del resto, questa Casa è il luogo migliore per scoprirlo… Però! Ma ci pensi dottore? Che storia incredibile! Nuova Zelanda, Valsesia, Rospi, cura dell’AIDS! Potrei scriverci un libro!

***

– Un sentito grazie alla piccola grande Giorgia per la costante collaborazione –

– I collegamenti Internet riportati nel testo sono reali. Provare per credere! –

 

Pozza d'acqua ad est del lago di Sant'Agostino

Pozza d’acqua ad est del lago di Sant’Agostino

Le fotografie sono dell’autore.

Proprietà riservata all’autore il quale si riserva di concedere ogni diritto, qualora lo ritenesse opportuno, all’Associazione “Casa della Mamma e del Bambino” di Borgosesia (VC).

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