per servire
l’attività di accoglienza attraverso il suo ideale
ovvero
“Essere dei buoni collaboratori di Dio nella tutela della vita umana dal concepimento alla morte naturale”
Essere volontari non significa solamente svolgere gratuitamente una attività caritativa sotto l’aspetto economico, significa soprattutto dare un aiuto disinteressato al servizio dell’Ideale. Se sorgono altre attenzioni o aspettative; se si è mossi anche da interessi personali; se la molla principale non è più l’Ideale, ma la realizzazione di qualche aspetto della propria vita, allora si è persa la dimensione della gratuità e l’attività non è più vero volontariato.
Un altro punto importante è la gratificazione personale che, in una certa misura ed in certi tempi, è bene che ci sia, mentre sarebbe un errore pretendere che ci sia. La gratificazione è un compenso psicologico che secondo il Vangelo non è da ricercare per non arrivare alla fine della propria vita e sentirsi dire: “Hai già ricevuto la tua ricompensa.” (Matteo 6,2)
Ciò che permette alla Grazia di Dio di operare, cambiando i cuori e le situazioni attraverso la nostra collaborazione, è perseguire l’Ideale nella gratuità, cioè con la purezza dell’agire, con il distacco dal proprio io e dall’interesse personale. E’ chiaro allora che fare o non fare usando come metro di paragone la propria gratificazione personale porta a cadere nell’egocentrismo e nell’egoismo, così la Grazia di Dio non può agire attraverso di noi; al massimo si può ottenere qualche effetto sul piano umano.
Il vero metro di paragone è ciò che provano gli altri, il loro bene oggettivo cioè “compiacere il prossimo nel bene.” Tutto questo vale per ogni attività di volontariato: Croce Rossa, AVAS, CAV, San Vincenzo, Oratorio… Se c’è interesse personale o ricerca di gratificazione la Grazia di Dio non può agire e… “Hai già ricevuto la tua ricompensa.”
Cerchiamo quindi di vivere l’Ideale nel modo più puro possibile: per lasciar agire la Grazia di Dio, per convivere meglio tra noi, per trasmettere l’Ideale a coloro che con noi vogliono collaborare.
Mons. Renato Corti ci ha detto che questa attività è ottimale per crescere e realizzarsi come “PERSONE.” Sarebbe comunque sbagliato aderirvi se lo scopo primario fosse il volersi realizzare come “PERSONE”; anche questo deve essere una conseguenza dell’aver vissuto con purezza e gratuità l’Ideale della “Tutela della vita umana dal concepimento alla morte naturale.”
Il volontario vuole approfondire la fede in Dio e avere totale rispetto per la vita umana secondo l’Ideale dell’attività.
Deve essere desideroso di mettersi al servizio degli ultimi.
Gestire con generosità le proprie ore di servizio assumendosene i carichi, le gioie e le difficoltà.
Avere con le ospiti un rapporto di gioiosa dedizione, ascolto e, quando necessita, fermezza.
Condividere con le ospiti le gioie e dolori di cui loro stesse ci fanno partecipi; ricordarle nelle preghiere.
Attenersi al dovere della discrezione e al Segreto Professionale sui particolari della loro vita di cui si viene a conoscenza.
Cercare di avere sempre sotto controllo la situazione anche visivamente, senza però dare l’impressione di non aver fiducia in loro.
Non intervenire sistematicamente per ogni piccolo errore o infrazione per non opprimere le ospiti e rendersi antipatici.
I conflitti personali con le ospiti vanno evitati. Non rimproverare bruscamente le ospiti se non in caso di eccezionale gravità.
La vera forza è nel gruppo il quale si prende pienamente carico dei problemi. Il singolo operatore da solo non può fare molto.
Ricercare con gli altri operatori un armonioso spirito di collaborazione e di confronto leale a livello personale e di verifica di gruppo, esprimendo il proprio parere senza prevaricare la volontà altrui.
Non biasimare né criticare mai un altro operatore in presenza delle ospiti.
Essere disponibili a fare ciò che serve e non ciò che si desidera.
Intervenire nello spazio di azione degli operatori in turno in modo delicato.
Chiedere sempre nelle grosse difficoltà consiglio alla Coordinatrice, ai membri del C.E. e alle Educatrici i quali sono i punti di riferimento.
La preghiera. La preghiera è il fondamento della buona attività del gruppo e dei buoni rapporti tra gli operatori: il ricorso abituale al colloquio con Dio fa sì che la Grazia possa operare in ogni azione. È di basilare importanza la preghiera in comune: il volontario che desideri il bene del gruppo deve sforzarsi di non mancare alla preghiera della domenica sera (solo la carità e la malattia sono validi motivi che giustifichino un’assenza).
Grande importanza ha, al fine dell’amore vicendevole, l’abitudine della preghiera personale e dell’offerta della S.Comunione a favore degli altri operatori e delle ospiti.
L’atteggiamento Cristiano. La base è considerare ogni operatore come una persona con un proprio modo di vedere le cose e un proprio carattere da comprendere e rispettare.
Occorre un continuo sforzo nel non scavalcarsi a vicenda, nella pazienza, nella stima, nell’accettazione dei difetti, nel rifiuto delle critiche, nell’elogio, nel desiderio del bene reciproco.
Ogni operatore si sforzi di trovare il giusto equilibrio tra fare e non fare, tra il caricarsi di ogni tipo di peso non lasciando agli altri la possibilità di esprimersi oppure il costringerli a caricarsi troppo.
La conoscenza. Una maggiore conoscenza tra gli operatori porta ad un lavoro migliore (dal punto di vista dell’unità e dell’esempio) con le ospiti.
I mezzi sono: incontri di formazione di gruppo; le riunioni periodiche; gli incontri a due che permettono discorsi più confidenziali.
La comunicazione. Come attuare una maggiore comunicazione tra gli operatori? Essendo molto difficile trovare altri momenti comuni oltre a quelli esistenti, occorre valorizzare al meglio questi ultimi: le riunioni sono il mezzo privilegiato per il confronto tra opinioni, situazioni, esperienze, tecniche e stili diversi. I cambi di turno vanno invece utilizzati in primo luogo per il passaggio il più possibile esaustivo delle consegne tecniche. Utili sono i colloqui telefonici con operatori più esperti.
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